Negli impianti per la purificazione delle acque reflue, ogni anno in Italia vengono prodotte 3,24 milioni di tonnellate di fanghi da depurazione. Si tratta di un rifiuto che si può trasformare in risorsa per l’utilizzo in agricoltura o attraverso il recupero energetico e di materia, ma gli impianti per la valorizzazione e per lo smaltimento sono concentrati soprattutto al nord e al centro Italia e non sono sufficienti. Nel 2021, il 54% dei fanghi è stato avviato a recupero ed il restante 46% a smaltimento con situazioni piuttosto diversificate tra le macroaree. Ogni anno, 480mila tonnellate di fanghi da depurazione viaggiano da sud al nord Italia per essere immessi negli impianti di valorizzazione. Le procedure di infrazione europee per la cattiva o mancata depurazione costano al nostro Paese 60milioni all’anno.
Lo evidenzia Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), che a Ecomondo ha presentato la seconda edizione dello studio “Fabbisogni impiantistici per una corretta gestione dei fanghi di depurazione”.
Lo studio sottolinea come servano nuovi impianti di depurazione per evitare le infrazioni e quanto sia indispensabile migliorare l’impiego dei fanghi in agricoltura e per ottenere energia. Con il recupero energetico, infatti, si potrebbe aumentare la produzione di biometano e di energia elettrica o termica.
Una normativa che necessita aggiornamenti
«Questo studio dimostra che nei prossimi anni occorreranno impianti sia per il recupero di materia e successivo utilizzo in agricoltura, sia per il recupero energetico con produzione, tra gli altri, di biometano. In Italia la normativa risale al 1992 e già da tempo ne sosteniamo la necessità di un aggiornamento. Ciò alla luce sia di un diverso approccio alla tutela dell’ambiente sempre più focalizzato sulla prevenzione e la circolarità, sia sulla base degli studi scientifici in corso che devono costituire il fondamento delle scelte inerenti le future norme» spiega Alessandro Russo, vicepresidente di Utilitalia.
La centralità dell’utilizzo in agricoltura
Un ostacolo alla migliore valorizzazione dei fanghi da depurazione è la mancata o forte riduzione dell’utilizzo agricolo, sottoposto frequentemente a limitazioni e praticato comunque in un quadro di incertezza normativa, causa una norma datata che andrebbe urgentemente riformata.
Oggi la quasi totalità delle 1,3 milioni di tonnellate di fanghi avviati a recupero viene trattata per un successivo utilizzo in agricoltura, sia in forma diretta sia attraverso la produzione di ammendanti compostati misti e di gessi di defecazione. Nel caso venisse a mancare l’utilizzo agricolo, occorrerebbe trovare un’immediata ri collocazione a questi fanghi, ai quali andrebbero a sommarsi ulteriori 800mila tonnellate derivanti dalla risoluzione delle procedure di infrazione.
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