Nei giorni scorsi, un giovane esemplare di squalo bianco lungo circa 4 metri e pesante 500 chilogrammi è stato trovato spiaggiato sulle coste della città di Brega nel golfo della Sirte, in Libia.
Dopo le ripetute catture ad opera di pescatori tunisini e marocchini, si tratta dell’ennesimo esemplare morto nelle acque del Mediterraneo, un evento drammatico considerato che l’International Union for Conservation of Nature (IUCN) ha catalogato questa specie come “in pericolo critico di estinzione” nei nostri mari.
È evidente che servono tempestive ed incisive azioni di conservazione, che coinvolgano tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Resterebbero non più di 250 individui
Purtroppo non esistono dati recenti e certi sulla popolazione degli squali bianchi del mare nostrum tuttavia, secondo i ricercatori, il numero di esemplari è in forte diminuzione.
Fino agli anni ’70 avvistamenti e catture, specialmente in prossimità delle tonnare italiane, tunisine e spagnole, erano piuttosto frequenti.
Nelle acque della Tunisia, per esempio, tra il 1953 ed il 2012 sono state 59 le catture documentate, alcune delle quali legate a femmine gravide: fattore quest’ultimo che ha fatto supporre la presenza di una cosiddetta “nursery area” tra la Sicilia e l’Africa.
Proprio nel Canale di Sicilia, tra il 1950 ed il 2000, sono stati pescati almeno 2 esemplari all’anno, con una diminuzione sensibile delle catture a partire dalla metà degli anni ’90.
Secondo le ultime stime contenute nel rapporto IUCN sulla specie, il cui aggiornamento risale al 2016, sarebbero al massimo 250 gli individui in circolazione nel Mediterraneo; un numero estremamente esiguo, dovuto ad un declino della popolazione di almeno l’80% nelle ultime tre generazioni (circa 70 anni).
Trappole accidentali e uccisioni
Gli squali bianchi spesso si avvicinano alle barche da pesca o a reti e palangari, attratti dai pesci intrappolati che spesso divorano. In questo modo la loro esposizione al rischio e la loro vulnerabilità aumentano esponenzialmente, poiché essi possono andare incontro all’intrappolamento accidentale o, frequentemente, all’uccisione deliberata da parte dei pescatori.
Proprio in Sicilia, per esempio, la specie è stata sempre considerata una minaccia per le tonnare, tanto che sono state frequenti le testimonianze di catture fino agli anni ’80.
In altri casi però si è trattato di incidenti a lieto fine, come il caso dell’allevamento di tonni in Libia all’interno del quale, nel 2002, un grosso squalo bianco era rimasto intrappolato. I gestori dell’impianto, dopo aver fotografato e documentato l’incontro, sono riusciti a far riguadagnare la libertà al predatore solitario.
Oggi i pochi squali bianchi rimasti devono fare i conti con un generale degrado del proprio habitat, evidenziato anche dal declino delle popolazioni di prede tradizionali come il tonno rosso o la foca monaca, dovuto principalmente al notevole impatto delle attività umane, come pesca, turismo e traffico navale, sull’ambiente marino.
Azioni urgenti di conservazione
Il grande squalo bianco è stato elencato nell’Appendice III della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) nel 2000, al fine di regolare o vietare il commercio internazionale di denti, mascelle, pinne e altre parti.
È stato poi aggiunto all’appendice II nel 2005, nel tentativo di garantire che il commercio fosse controllato in maniera compatibile con la sopravvivenza della specie.
Nel 2009 poi, con il regolamento n.43, la Commissione Europea ha vietato ai pescherecci della UE di pescare, trattenere a bordo, trasbordare o sbarcare esemplari di squalo bianco in tutte le acque comunitarie ed extra-comunitarie, e vieta inoltre a Paesi terzi le medesime azioni in tutte le acque comunitarie.
Si tratta infatti di una specie in pericolo critico di estinzione come enunciato nella Convenzione di Barcellona (Appendice II della Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e costiero del Mar Mediterraneo, originariamente emanata nel 1978 e modificata nel 1995).
Questa Convenzione è stata firmata e ratificata dai 28 Paesi che si affacciano sul mare nostrum.
Un requisito implicito delle nazioni firmatarie è quello di preservare e gestire la fauna sensibile, compresa questa specie, come specificato nel cosiddetto “Protocollo SPA BIO” (per le aree protette speciali e la diversità biologica nel Mediterraneo), il cui Centro Regionale di Attività si trova a Tunisi.
Ratificato in Italia nel maggio 1999, il “Protocollo SPA BIO” identifica lo squalo bianco come specie da proteggere nei nostri mari. Ma che dire dei Paesi africani mediterranei (in primis la Tunisia) che, seppur firmatari della convenzione, permettono la cattura, la pesca e l’uccisione di queste creature fondamentali per l’equilibrio biologico del Mar Mediterraneo?
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