I geologi lo conoscevano già e lo stanno studiando da tempo, ma ora Zealandia, l’ottavo continente sprofondato 23 milioni di anni fa, non è più un segreto nascosto, è stato parzialmente mappato da una spedizione subacqua dell’Università del Queensland in collaborazione con lo Schmidt Ocean Institute.
«Abbiamo appena iniziato a scoprire i segreti di Zealandia – questo è il nome del continente sommerso –, rimasto nascosto fino a poco tempo fa e tutt’ora difficile da studiare» ha detto la dottoressa Derya Gürer, ricercatrice dell’University of Queensland, che ha trascorso 28 giorni in mare sulla nave di ricerca Falkor dello Schmidt Ocean Institute.
«Zealandia è una massa quasi interamente sommersa di crosta continentale che si è abbassata dopo il distacco da Gondwanaland 83-79 milioni di anni fa. Si estende per 4,9 milioni di chilometri quadrati ed è circa tre volte più grande del Queensland». Gondwanaland è il nome dato al supercontinente che comprendeva le terre emerse che oggi conosciamo come Sud America, Africa e Antartide.
Il continente sommerso si trova tra la Nuova Zelanda e la Nuova Caledonia ed è stato messo sulle mappe dai geologi solo a partire dal 2014.
«Il fondale marino offre molti spunti per comprendere la complessa storia geologica delle placche continentali australiana e zelandese» spiega Gürer.
Il progetto punta a produrre una mappa batimetrica per misurare la profondità dei fondali oceanici di tutto il mondo entro il 2030. Oltre ai dati batimetrici dei fondali marini, che misurano la profondità degli oceani e le caratteristiche topografiche, sono stati raccolti circa 2.500 chilometri quadrati di dati magnetici.
Un’amara sorpresa
Esplorando i fondali oceanici mai visitati dall’uomo, i ricercatori hanno trovato un’amara sorpresa: l’inquinamento da microplastiche è arrivato fino negli abissi. Sono stati analizzati 100 campioni di acque profonde 3.500 metri e solo uno di essi non conteneva microplastiche visibili.
«Sembra che ci sia una maggiore concentrazione di fibre microplastiche nell’oceano profondo» ha commentato la ricercatrice.
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