Le popolazioni di Ungulati, in forte calo fino agli anni ’50, oggi vedono una situazione in miglioramento. Lo stambecco, che è stato reintrodotto in molte aree protette delle Alpi, conta oggi circa 16.000 individui, il camoscio appenninico nell’ultimo decennio ha duplicato la consistenza complessiva, mentre cinghiali, cervi e caprioli sono divenuti così abbondanti da causare in più località problemi di gestione.
A seguito dell’aumento di Ungulati e grazie anche a una politica di protezione particolarmente severa, sono poi in aumento anche le popolazione dei grandi Carnivori. Il caso più eclatante è quello del lupo che, da circa 200 individui negli anni ’70 concentrati solo nelle zone più impervie dell’Appennino, è passato oggi a circa 2000 soggetti presenti ormai su tutto l’arco, sia appenninico, che alpino, tanto da far ventilare la necessità, molto discussa, di introdurre quote di abbattimento. La lince e l’orso sono invece ritornati a vivere sulle Alpi grazie a progetti di reintroduzione e all’ingresso dai paesi confinanti. Proprio come lo sciacallo dorato, presente fino agli anni ’80 solo nel sud dei Balcani e che si è progressivamente espanso arrivando anche nelle regioni orientali del nostro Paese e colonizzando ampie porzioni dell’Europa orientale fino alle coste del Mar Baltico. Anche la lontra, quasi estinta solo un ventennio fa, dà oggi confortanti segnali di ripresa, con nuove presenze, sia nel Centro-Sud Italia che al Nord, con alcuni esemplari giunti dall’Austria e dalla Slovenia che hanno ricolonizzato alcuni fiumi del Friuli e dell’Alto Adige. Ciò nonostante i problemi permangono tuttora e sono legati alla qualità delle acque dei fiumi e alla frammentazione degli ecosistemi, con diversi individui vittime ogni anno di investimenti stradali.
Tra l’altro proprio le specie di vertebrati acquatici d’acqua dolce sono forse quelle che, al contrario di altre, evidenziano i maggiori problemi di ripresa. Infatti, se da una parte si segnala comunque l’aumento di ricchezza dovuta soprattutto all’ingresso di nuove specie ittiche di origine esotica, dall’altra delicati ecosistemi come fiumi, laghi e stagni sono ancora oggi minacciati da inquinamento e captazione delle acque, oltre che dalla distruzione delle rive e dalla creazione di barriere come dighe e briglie.
Il risultato è che il 40% delle specie legate a questi habitat è tuttora minacciata, o a rischio di estinzione, con una costante riduzione numerica anche delle popolazioni di specie un tempo comuni, come le alborelle o le savette. Anche qui però vi sono alcuni segnali incoraggianti. Il raro euprotto sardo, una salamandra che vive solo nella Sardegna orientale, è oggetto di un piano di recupero che si spera potrà metterne al sicuro le poche popolazioni residue. Inoltre la diffusione (ancora troppo lenta) di alcune misure di conservazione che potrebbero avere effetti positivi – come le scale di risalita costruite tra Italia e Svizzera per permettere l’accesso alle aree di riproduzione – e misure più rigide di regolamentazione dei rilasci a scopo di pesca potrebbero migliorare a breve la situazione.
Qui trova la prima puntata del reportage.
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