Nella corsa all’evoluzione i pesci stanno mutando per riuscire a sopravvivere anche in acque pesantemente contaminate.
A dirlo è una ricerca condotta dall’University of California che ha preso in esame il comportamento di alcune specie della famiglia Cyprinodontidae abitanti dei corsi d’acqua dolce del Massachusetts, del Connecticut e della Virginia.
I ricercatori hanno confrontato il genoma di circa 400 pesci e dalle analisi è emerso che questi animali sono ottomila volte più resistenti alla diossina, ai metalli pesanti e persino agli idrocarburi.
«Alcuni possono pensare si tratti di una notizia positiva che mostra la capacità di adattamento delle specie anche in condizioni proibitive – ha detto il professore Andrew Whitehead dell’ateneo statunitense –. In realtà si tratta di una pessima notizia».
Le conseguenze della scoperta
I Cyprinodontidae non sono pesci consumati direttamente dall’uomo ma vengono mangiati da altre specie marine, che non di rado finiscono poi sulle nostre tavole. Ne consegue che, nutrendosi di animali provenienti da acque profondamente inquinate, anche il pescato finisce con l’essere contaminato.
La scoperta, inoltre, apre nuovi quesiti. «È interessante scoprire come, a livello genetico, alcuni animali riescano a sopportare meglio di altri l’esposizione agli agenti inquinanti», ha concluso lo scienziato.
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