La progressiva acidificazione del Mediterraneo sta compromettendo l’integrità e la funzionalità dei suoi ecosistemi, con impatti negativi per la biodiversità e per attività umane quali la pesca e l’acquacoltura. Lo ha evidenziato uno studio multidisciplinare, condotto da un gruppo di ricerca di cui fa parte l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), che ha consentito di identificare gli hotspot di acidificazione marina nel Mare Nostrum, sia al presente, sia nelle proiezioni future.
Acidificazione marina
Nell’epoca in cui viviamo, l’Antropocene, gli oceani globali sono stati già profondamente alterati dalle attività umane. Livelli crescenti di emissioni di gas serra, di cui il 25% è stato assorbito dagli oceani, hanno portato a una variazione del pH dell’acqua marina di circa il 30%, in un processo chiamato di “acidificazione marina”. Ciò non significa che le acque sono diventate o diventeranno acide, ma che il pH si abbasserà spostandosi verso valori più vicini a 7 (pH neutro), con impatti negativi sulla crescita e sullo sviluppo, sulla riduzione della calcificazione e sull’alterazione immunologica e fisiologica degli organismi marini. E anche se alle condizioni attuali non si riscontrano rischi legati alle attività di acquacoltura, negli scenari futuri l’esposizione delle specie d’interesse commerciale è decisamente sopra la soglia di rischio.
Ma gli effetti dell’acidificazione su attività umane come la pesca sono legati non solo all’impatto diretto sulle specie interessate, ma anche a quello indiretto sulla varietà di habitat biogenici, ovvero in gran parte “costruiti” dagli organismi viventi che lo abitano (coralli, alghe e piante marine) e che contribuiscono a formare un ambiente unico.
Il rischio per tali habitat aumenta, durante i mesi estivi, in tutto il bacino, tra i 10 e i 20 metri di profondità. Le analisi effettuate dai ricercatori sono di fondamentare importanza perché permettono di stabilire quando e dove implementare misure di mitigazione o adattamento per contrastare questo fenomeno. Una sfida per cui saranno necessarie strategie di gestione e governance coordinate a livello europeo.
La ricerca compone un capitolo del libro “Ocean Governance. Knowledge Systems, Policy Foundations and Thematic Analyses” edito da Springer e recentemente pubblicato.
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