Le città, nel corso della geologicamente breve storia della civiltà umana, sono state sempre oggetto di desideri e conquiste. Tuttavia ciò non vale solo per le guerre fra umani, ma a volte ci sono conquistatori più silenziosi ma non per questo meno efficaci…i vegetali!
È proprio il caso dell’ Ailanto (Ailanthus altissima), che da brava specie invasiva ha trovato nella città di Roma, e in molte altre in Italia, un terreno ideale nel quale accasarsi e prosperare invadendo ogni angolo lasciato a disposizione.
L’ Ailanto, fa parte della famiglia delle Simaroubaceae, formata da circa 20 generi e circa 150 specie di alberi e arbusti provenienti dalle regioni tropicali, subtropicali, e dalle regioni temperate dell’Asia.
La storia di questa pianta parte dalla Cina meridionale, dove è conosciuta fin da tempi molto antichi. Essa fu introdotta in Europa nel 1700 a opera del gesuita Pierre d’Incarville, il quale spedì una buona quantità di semi. Alla metà del secolo, alcuni botanici francesi cominciarono a seminarli e a condividerli con altri studiosi europei, in particolare inglesi, i quali ebbero più fortuna nella germinazione e inviarono alcuni esemplari a Parigi, alla fine del 1700. Da quel momento questo albero fu considerato ornamentale e cominciò a diffondersi in tutto il continente con molta facilità.
Le caratteristiche dell’ Ailanto
Gli alberi di questo genere possono raggiungere altezze di 25-30 metri con un fusto eretto e una chioma molto ramificata. La corteccia è di colore castano chiaro e tende al grigio sui rami; inizialmente risulta liscia, ma in seguito si formano delle fessurazioni longitudinali di colore pallido e presenta lenticelle. Le foglie, non persistenti, sono composte, costituite da gruppi di 15-20, di forma ovale disposte in modo alternato e di un verde brillante (le nuove foglie, invece, sono di un rosso tendente al violaceo); una foglia può essere lunga fino a 40-50 cm.
In tarda primavera producono piccoli fiori di color giallo-verde, composti da 5-6 petali, che vengono prodotti in pannocchie lunghe anche 20 cm poste all’apice dei rami. Essendo generalmente una pianta dioica abbiamo infiorescenze maschili e femminili. I frutti che seguono a fine estate sono numerosissime piccole samare.
Le foglie, i fiori e la corteccia emanano un odore sgradevole e infatti uno dei numerosi nomi comuni che gli sono stati assegnati è “albero puzzo”.
L’apparato radicale è molto sviluppato e composto da grandi rizomi con i quali l’albero riesce a diffondersi in maniera vigorosa grazie alla capacità di emettere numerosi polloni.
L’ailanto si può trovare frequentemente su terreni abbastanza secchi (può infatti essere definita xerofila e anche l’apparato supporta tale caratteristica poiché i semi sono in grado di introdurre una radice fittonante fino a grande profondità), ricchi di azoto e con pH da neutro a sub-acido e ad una quota che va dal livello del mare fino a un massimo di 1000 metri di quota. È frequente nelle aree che circondano i boschi (mantello), o ancor di più in ambienti fortemente antropizzati come zone industriali, bordi di strade e terreni agricoli lasciati incolti.
L’ Ailanto è specie pioniera, ovvero che si ritrova nelle fasi iniziali di una successione ecologica e pertanto presenta una diffusione esponenziale che le conferisce caratteristiche di invasività. Infatti, l’instaurarsi di una popolazione di ailanto si basa su una doppia strategia di riproduzione. In primo luogo, un singolo albero è capace di produrre una gran quantità di semi (anche 300 mila) già da molto giovane e questi, grazie alla loro forma sono capaci di ricoprire distanze anche di 70 metri con un vento debole. I semi vengono poi rilasciati tutti nello stesso periodo e in modo scaglionato a partire da novembre fino a maggio. In questa modo aumentano esponenzialmente le possibilità di trovare le condizioni ideali per la geminazione.
In secondo luogo i nuovi individui si instaurano velocemente grazie alla radice fittonante, in cui si accumula amido e, solo in seguito, si sviluppa un apparato ipogeo più superficiale che si può allargare fino a un diametro di 45 metri e dal quale sono prodotti numerosi polloni che continueranno l’opera di colonizzazione producendo un sistema radicale autonomo. Può espandersi, in questo modo anche di 4 metri quadrati per anno.
A Roma questa pianta è ormai molto diffusa e giova anche dell’isola di calore che mantiene temperature miti in città anche durante il periodo invernale. Essendo, come detto, invasiva, e considerando la sua larga diffusione in città, al fine di non peggiorare ulteriormente la situazione è assolutamente sconsigliato introdurla nei giardini e bisognerebbe intervenire per limitarne il più possibile la diffusione.
In caso la si riscontri bisognerebbe eliminare da subito le piccole piante eradicandole totalmente. Se invece la pianta ha ormai attecchito è assolutamente prioritario eliminare il prima possibile le pannocchie contenenti i semi, evitando la loro maturazione. Altri interventi sono la somministrazione di erbicidi, il taglio dei polloni e eventualmente la cercinatura dei tronchi, che porta alla definitiva morte del soggetto.
Insomma un invasore silenzioso che ha preso possesso dei punti strategici di Roma, assalendo le zone degradate delle periferie e spingendosi verso il cuore della città.
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