La foresta fu per l’uomo il primo luogo in cui trovare un rifugio e cibo, accendere un fuoco, costruire una capanna. Ecco perché l’albero divenne un potente simbolo del sacro, un totem dei culti agrari nelle società primitive, che erano interamente regolate dai ritmi e dai cicli della natura.
«L’uomo trasse dagli alberi la sua prima forma di nutrimento, e raccogliendone i frutti fu costretto ad alzare lo sguardo verso il cielo», così Plinio nel XXIII libro della Naturalis Historia dedicato agli alberi da frutto.
Platone nel Politico ricorda l’età dell’oro, quando gli uomini avevano abbondanza di frutti dagli alberi e da molta altra vegetazione, senza esser generati mediante l’agricoltura, ma offerti spontaneamente dalla terra.
Sempre Plinio ricorda che gli alberi da frutto, classificati come arbores felices, portavano buoni presagi. Ad essi erano contrapposti agli arbores infelices, alberi selvatici che non danno frutti.
Da una regione all’altra del pianeta, l’umanità si riconobbe negli alberi. Il mondo vegetale nutrì la cultura delle primordiali comunità agresti, dall’alfabeto arboreo del calendario dei celti alle teofanie vegetali che abitarono tutta la Terra.
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