Il Governo ha fermato la norma approvata lo scorso novembre dalla Regione Basilicata che avrebbe, di fatto, consentito la soppressione degli animali randagi.
La normativa emanata dalla Regione avrebbe conferito alle Aziende sanitarie locali il via libera a procedere con la soppressione di cani e gatti randagi qualora non fosse pervenuta, nel giro di 5 giorni, alcuna denuncia di smarrimento o sottrazione di animali al Servizio veterinario ufficiale e alle Forze dell’Ordine.
Lo stop del Governo
La norma è stata impugnata dal Governo in quanto ritenuta in contrasto con quanto sancito nell’articolo 117 della Costituzione riguardo alla potestà legislativa di Stato e Regioni.
«Le Regioni non possono deliberare norme che violino le disposizioni di una legge quadro nazionale, questo è l’aspetto normativo alla base dell’impugnazione del Governo. Vi è poi l’aspetto etico che la Regione Basilicata ha gravemente calpestato: far pagare con la vita la crudeltà dell’abbandono è inaccettabile e ingiustificabile», spiega Ilaria Innocenti, Responsabile LAV Animali Familiari.
Vietato uccidere dal 1991
È dal 1991 che in Italia è vietato sopprimere gli animali randagi; la legge 281/91 ha, infatti, stabilito una serie di garanzie per la tutela e la salvaguardia dei cani e degli altri animali di affezione, prevedendo che i gatti liberi e i cani vaganti ritrovati, catturati o comunque provenienti da canili non possono essere soppressi a meno che non siano gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.
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