Negli ultimi sei mesi l’intenzione di usare la bici fra i milanesi che già la usavano abitualmente è calata del 20 per cento. Complici gli incidenti accaduti nell’ultimo anno, alcuni dei quali mortali: dalla morte del quattordicenne travolto mentre andava a scuola in bici l’8 novembre 2022, altri sei ciclisti sono deceduti sulle strade meneghine. La paura di muoversi su due ruote è stata rilevata da un osservatorio specifico dello IULM.
Sembrano lontanissimi i tempi in cui Milano era portata in palmo di mano per la sua capacità di adattarsi rapidamente alle nuove tendenze della mobilità dolce e sostenibile. Eppure era solo il 2018 quando un rapporto di McKinsey, società internazionale di consulenza, collocava la metropoli lombarda tra le prima dieci al mondo per efficienza dei trasporti e, anche, per le piste ciclabili in forte sviluppo.
Ora la quantità di sinistri, da quelli mortali a quelli dalle conseguenze meno tragiche ma spesso gravi, rischia di rallentare la propensione all’uso della due ruote, che aveva ricevuto un ulteriore impulso con la pandemia.
Nel 2021 gli incidenti che hanno coinvolto almeno un ciclista a Milano sono stati 1.251, più di due al giorno di media (Fonte Istat); nel 2022 sono saliti a 1.467 (Fonte Areu).
I punti deboli del sistema in realtà sono noti da sempre a chi si sposta in bicicletta. Le piste dedicate in alcuni tratti non sono adeguatamente protette, spesso sono troppo strette oppure si interrompono all’improvviso. Così capita che i ciclisti per non proseguire su strade trafficatissime, tra auto, rotaie dei tram e pavé, usano il marciapiede mettendo a rischio anche i pedoni. Alcuni percorsi, anche di recente realizzazione, devono poi fare i conti con lavori in corso, taxi e auto in sosta selvaggia o con le aree per carico/scarico. Tutto ciò costringe chi pedala a pericolosi slalom.
Incoraggiare i cittadini a fare un uso sempre più frequente della biciletta è una scelta assolutamente condivisibile, purché sia accompagnata da adeguate misure, prima fra tutte efficaci limitazioni alla circolazione dei mezzi pesanti. Sono davvero troppi, in particolare quelli diretti ai tanti cantieri cittadini.
Siamo ancora molto lontani dagli standard europei, ma almeno abbiamo esempi da studiare. Nel frattempo servirebbe la massima collaborazione da parte di tutti per scongiurare altre tragedie. Come sempre è sbagliato affrontare il problema ragionando per categorie, da una parte chi viaggia su mezzi motorizzati dall’altra i ciclisti. Il più delle volte questi ruoli sono interscambiabili, quindi così come gli automobilisti e i conducenti di camion dovrebbero prestare la massima attenzione verso chi pedala, allo stesso tempo i ciclisti dovrebbero usare prudenza e rispettare il codice della strada. Basta guardarsi attorno per rendersi conto che spesso non accade né l’una né l’altra cosa. Ci sarebbe anche da domandarsi perché ci si muove in città con vetture sempre più ingombranti e veloci, ma questo è un altro tema che rinvia all’enorme distanza fra ciò che narra una certa pubblicistica – smart mobility, riduzione dei consumi, mercati sostenibili – e quel che accade davvero. A tal proposito potrebbe essere utile anche smetterla di raccontare una città che ancora non c’è.
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