Il bisonte europeo, una volta comune dalla Spagna alla Russia, a causa dello sfruttamento eccessivo e distruzione dell’habitat nativo da parte dell’uomo è stato condotto all’estinzione in natura nel 1927. Grazie a un intenso programma di conservazione e reintroduzione in natura a partire dal secondo dopoguerra, ad oggi la specie è diffusa soprattutto in Russia, Europa centrale e orientale. Tuttavia, negli ultimi anni maggiore attenzione è stata data anche alla sua reintroduzione in altre aree del continente e alla creazione di corridoi ecologici tra aree protette, affinché la popolazione europea possa divenire demograficamente stabile (quindi, un alto numero di individui che scongiuri il pericolo di estinzione) e autosufficiente.
Qualcosa in più di un semplice ruminante
Questo gigante di circa 600 chili (peso medio in età adulta) è stato spesso accolto con ostilità dalle popolazioni locali, essendo stato accusato di distruzione di produzioni agricole, aggressività nei confronti dell’uomo e di potenziali ibridazioni dannose con il bestiame da allevamento. Tuttavia, il bisonte ha anche un ruolo di architetto spaziale negli ecosistemi forestali e contribuisce a modellare le grandi praterie favorendo, attraverso la dispersione e il consumo di diverse piante, la creazione di habitat favorevoli per specie minori e la successione ecologica. Inoltre, vari studi hanno confermato il fondamentale ruolo di fertilizzatore e “impollinatore” che il bisonte svolge, supportando così la crescita e la diffusione di un alto numero di specie vegetali. Si stima, inoltre, che alla fine del proprio ciclo vitale la carcassa di un bufalo possa sfamare un gran numero di predatori, essendone stati contati, in uno studio condotto nel 2012, addirittura 596 tra invertebrati e mammiferi.
Tra rischi e opportunità: il “panda” europeo
Lo sviluppo di attività economiche così come schemi per la promozione di turismo sostenibile nelle aree di reintroduzione hanno accresciuto la tollerabilità nei confronti del bisonte. Inoltre, la sua classificazione come specie vulnerabile e bisognosa di protezione ha fatto sì che divenisse un simbolo degli sforzi di conservazione a livello europeo, tanto da essere nominato animale nazionale da Polonia e Bielorussia. Ad oggi, la popolazione europea che vive in uno stato di libertà o semilibertà (in alcuni casi la presenza di recinzioni si rende necessaria per una migliore gestione delle mandrie) ammonta a circa 4500 individui. Nonostante ciò, vi sono ancora molti ostacoli alla sua effettiva reintroduzione su tutto il territorio europeo, come, ad esempio, la mancanza di ampi spazi di habitat favorevole, lontani da grandi centri abitati. D’altra parte, vari progetti locali e il reinselvatichimento di aree in cui l’agricoltura è stata abbandonata hanno favorito la sua reintroduzione in paesi dai quali la specie mancava da secoli, quali l’Olanda o la Spagna. Uno dei più grandi sforzi a livello continentale è portato avanti dall’associazione Rewilding Europe, fiduciosa nella capacità di questo gigante di poter tornare a livelli di popolazione auto-sostenibili.
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