La salvezza del mondo dipende dalla buona volontà e della lungimiranza degli uomini, ma talvolta anche dalla capacità di creare ricadute economiche che consentano inaspettate redenzioni, capaci di trasformare i bracconieri in custodi della biodiversità. Per alimentare il vento dei cambiamenti e fare qualcosa di concreto per tutelare le foreste del Gabon un gruppo di persone si è riunito, costituendo due fondazioni che hanno avuto, sin dal loro avvio, l’obbiettivo di salvare la foresta.
L’aiuto dall’Italia
Hanno così preso vita in Italia la fondazione Trust the Forest e in Gabon la Fondation Internationale Gabon Eco-tourisme – Giuseppe Vassallo, animate dal comune intento di creare attività che potessero concretamente operare per la tutela di alcuni sistemi forestali di grande pregio. Con la consapevolezza che non può esistere tutela ambientale reale laddove le comunità locali non siano coinvolte e non possano avere un ritorno economico, capace di garantir loro una vita dignitosa senza dover compiere attività illecite. Ha così preso il via un grande progetto di turismo eco sostenibile che portasse tre distinti e complementari benefici: amplificare la conoscenza della natura del Gabon anche in Europa, tutelare le foreste primarie e riconvertire i bracconieri e i cacciatori locali, trasformandoli da predoni a custodi del loro patrimonio naturale.
Giuseppe Vassallo, imprenditore milanese, ha sempre avuto la difesa della natura come punto cardine della sua vita ed è stato il motore che ha avviato questo ambizioso progetto. Purtroppo però non lo ha mai potuto vedere completato, morendo in un incidente d’auto nel 2000.
Sotto la casa comune rappresentata dal sito Right Routes queste organizzazioni hanno iniziato a lavorare per far confluire un turismo, responsabile e ecologico, nell’area forestale che segue una parte del corso del fiume Ivindo. Piccoli gruppi di turisti vengono accompagnati da guide locali, che prima si dedicavano al bracconaggio e che conoscono quindi ogni angolo della foresta, di quella che giustamente considerano “la loro foresta” e della quale riconoscono suoni, canti, versi e i luoghi dove poter vedere gli animali. Grazie a questo progetto è praticamente cessato il prelievo illecito di fauna e flora nella zona, consentendo di mantenere integro un paradiso naturalistico che dovrebbe essere considerato, al pari di tutte le zone forestali del mondo, un patrimonio comune al quale ogni nazione dovrebbe garantire risorse per il mantenimento.
Alla scoperta del cuore dell’Africa
Le fondazioni operano collaborando con la Repubblica del Gabon e offrono ai turisti quattro itinerari nel bacino dell’Ivindo, adatti anche a persone non esperte, per potersi immergere dentro la foresta primaria con la speranza, grazie all’esperienza delle guide, di poter vedere gorilla e elefanti. Con la consapevolezza che tutti i proventi del viaggio saranno utilizzati per attività di tutela di questo importante ecosistema. Le foreste sul pianeta ospitano l’80% della biodiversità con specie di animali e piante che vivono esclusivamente in questi luoghi. Ma sono ambienti in costante pericolo, a causa delle attività umane. Nonostante vi sia oramai una certezza assoluta sull’importanza delle foreste per il pianeta ogni anno si assiste impotenti alla loro costante distruzione, causata da sfruttamento per la produzione del legname, agricoltura intensiva spesso di monocolture e l’allevamento del bestiame.
Foreste, il termostato della Terra
Le foreste non soltanto ospitano una varietà incredibile di animali e piante ma sono una sorta di termostato del sistema Terra, regolando la temperatura e la quantità di ossigeno a nostra disposizione. Grazie alla loro capacità di assorbire anidride carbonica trasformandola in ossigeno, un elemento indispensabile per la vita. Il Gabon, nel cuore dell’Africa centrale, è coperto per l’85% dalla foresta equatoriale che fa parte del Bacino del Congo. Questo ecosistema forestale è il più grande dell’Africa e il secondo al mondo, dopo la foresta amazzonica. Un tesoro ecologico con più di 400 specie di alberi, 150 specie di mammiferi, 650 di uccelli. Un mosaico di etnie e culture che meritano di essere difese e coinvolte nella gestione del loro capitale naturale. Soltanto nel 2002 il Gabon ha creato i suoi primi parchi nazionali, istituendone in contemporanea ben 13 per colmare il divario con altre nazioni africane. Per convincere il governo a istituire i parchi fu di fondamentale importanza il successo e il lavoro fatto dall’esploratore Mike Fay, che molti ricorderanno per il suo progetto MegaTransect, condotto proprio nel bacino forestale del fiume Congo. Con un’esplorazione durata 455 giorni, in cui percorse a piedi oltre 3200 chilometri, attraversando e studiando le foreste del Congo, Fay ottenne di far accendere i riflettori su questa foresta e sull’enorme quantità di biodiversità che conteneva. Un patrimonio di vita che era indispensabile proteggere e difendere. Oggi la rete dei parchi del Gabon copre e tutela l’11% del suo territorio, comprendendo anche il Parco dell’Ivindo che ha una superficie pari a circa 3000 km2.
Trust the forest e FIGET, con l’organizzazione locale Brainforest, si sono battute con grande impegno per evitare che, nel luglio 2007, in violazione al Codice ambientale del Gabon, la compagnia cinese CMEC avviasse la costruzione di una strada nel Parco dell’Ivindo, per la costruzione di una diga alle cascate Kongou necessaria alla produzione di energia elettrica per lo sfruttamento dei giacimenti di ferro di Belinga. Il governo fu costretto a rivedere le scelte fatte e, grazie al lavoro congiunto e alle pressioni internazionali, il Gabon decise di annullare e chiudere definitivamente questa operazione, che avrebbe compromesso per sempre un paradiso naturale.
Un bel progetto da imitare, capace di legare le molte realtà che lo compongono, promosso in Italia dalla fondazione Trust the Forest presieduta da Gustavo Gandini, preside della facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università Statale e uno dei Garanti per i Diritti degli Animali del Comune di Milano. Non bisognerebbe mai dimenticare che i successi delle operazioni di conservazione sono sempre strettamente legati alla capacità di creare reti, di diffondere informazioni e nella capacità di coinvolgere le persone, trasformandole in sostenitori.
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