Tre sono stati i miei maggiori maestri in materia di conservazione della natura e del paesaggio: Fulco Pratesi, del cui libro intitolato Il mondo della palude ho scritto la scorsa settimana, Renato Bazzoni, ideatore del Fondo Ambiente Italiano, e Antonio Cederna. Con i primi due ho lavorato qualche anno. Cederna, invece, l’ho incontrato una sola volta. Era il 1987, mi accolse nella sua bella casa romana ed ebbi l’ardire di chiedergli un articolo da pubblicare su Wwf Lombardia, piccolo notiziario distribuito ai soci regionali dell’associazione. Siccome era burbero ma allo stesso tempo un gran signore, mi rispose di sì.
Ho frequentato poco, ma letto molto Antonio Cederna. Nel 1991 Newton Compton pubblicò Brandelli d’Italia. Come distruggere il Bel Paese. A quel tempo ero molto arrabbiato e la prosa mordace dell’archeologo-giornalista ebbe su di me lo stesso effetto della benzina sul fuoco. Sapeva denunciare i misfatti ambientali come pochi altri, forse come nessun altro. E riusciva a provocare indignazione nei suoi lettori grazie a una sapiente miscela di dati e affondi sarcastici.
Cederna non ha mai usato la mano leggera con nessuno: affaristi, speculatori, politici, ma anche urbanisti, architetti e suoi colleghi giornalisti. Difatti non è mai stato molto amato, neppure fra chi apparentemente si sentiva a lui vicino. Ancora oggi, rileggendo Brandelli d’Italia – che è un’antologia di scritti pubblicati dal 1950 al 1980 con l’aggiunta di brevi commenti per aiutare il lettore a comprendere il contesto in cui esplosero le polemiche e informarlo sugli sviluppi seguenti – si comprende il perché. Ecco, per esempio, cosa scriveva nel 1955: «Delle molte migliaia di architetti, ingegneri e urbanisti italiani, la maggioranza è formata da gente irresponsabile e semianalfabeta, e come tale piena di presunzione. Basta osservare quel che hanno costruito e vanno costruendo, dal centro di Milano ai Parioli, a Monte Mario…».
Qualcuno lo accusa di parzialità. Certo, fu parziale e furente. Ma è proprio grazie al furore con cui si lanciava nelle sue battaglie che tanti italiani hanno scoperto la distruzione del Circeo o il saccheggio dei Campi Flegrei e si è riusciti a scongiurare la lottizzazione della pineta di Migliarino.
Antonio Cederna è stato un pioniere e una guida per molti giornalisti che dopo di lui si sono occupati di abusivismo, speculazioni e scempi ambientali di vario genere. L’importanza e il valore dei suoi scritti oggi non sta tanto nella correttezza di alcune analisi o nella precisione di certe affermazioni che richiedevano competenze tecniche, ma piuttosto nel coraggio con cui si è battuto contro tutto e tutti, nella lungimiranza di certe intuizioni e nella radicalità delle scelte che invocava. Scelte che, in larghissima parte, non sono state adottate.
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