Quando si parla di caccia ai più viene in mente il disagio e il danno che oramai pochissimi cacciatori operano nei confronti di un patrimonio collettivo, la nostra fauna, sempre più in difficoltà. Nel corso di un’attività ludica che, sondaggi alla mano, la maggioranza degli italiani vorrebbe veder chiusa per sempre. Poi c’è la caccia illegale, con numerosi episodi di bracconaggio messi in atto anche nei confronti di specie particolarmente protette che ogni giorno le cronache portano all’attenzione dei lettori.
Ma non solo questo è caccia e per molti questa attività si svolge fuori dai nostri confini nazionali, con lo scopo di portarsi a casa foto e trofei da poter esibire agli amici, in modo quasi sempre perfettamente legale. Grazie a un buco della normativa che di fatto consente, con mille aggiramenti e varianti, di poter girare il mondo per sparare a qualsiasi specie: la differenza è data soltanto dai costi, in quanto più la specie è rara e iconica e più i prezzi salgono, senza sconvolgere troppo i ricchi cacciatori che possono permetterselo.
La caccia grossa è un grosso affare
Dopo aver quasi ovunque abolito la pratica dei cosiddetti “canned lion” o leoni insanguinati, animali allevati per essere messi in luoghi recintati a disposizione di cacciatori desiderosi di sparare ma non di correre troppi rischi o di far troppa fatica, la caccia grossa è rimasta un grosso affare per tutte le organizzazioni che hanno fatto della caccia al trofeo il loro principale guadagno, vendendo prodotti “chiavi in mano” che consentono anche a chi non è mai andato a caccia in vita di avere per le mani un fucile di grosso calibro, con cui abbattere la preda che ha pagato, in seguito recapitata a casa come trofeo nella posizione prescelta. Dagli elefanti ai ghepardi, dai leoni agli ippopotami.
Indagine sotto copertura
Recentemente la testata giornalistica Kodami ha presentato i risultati di un’indagine fatta sotto copertura presso la fiera internazionale “Jagd & Hund”, la più grande fiera della caccia d’Europa tenutasi a Dortmund, in Germania, a fine gennaio di quest’anno. Le immagini raccolte offrono un altro scioccante sguardo dietro le quinte di un’industria del lusso che regala emozioni forti a ricchi cacciatori provenienti da ogni parte del mondo per poter scegliere cosa cacciare, dove e in che parte del Pianeta. Da anni l’organizzazione HSI – Humane Society International si batte per sensibilizzare gli Stati a porre un freno a questa pratica, che spesso viene presentata come sostenibile e in aiuto alle comunità locali e, quindi, anche alla difesa della natura e dei parchi. Una favola venduta per giustificare un’attività in mano a privati, con scarse, se non nulle, ricadute sul benessere degli abitanti delle zone in cui la caccia al trofeo viene praticata, che al massimo vengono impiegati come personale delle tante strutture alberghiere e venatorie che si occupano di accogliere questo tipo di turismo.
Nel periodo compreso fra il 2014 e il 2020 l’Italia, secondo i dati forniti da HSI, avrebbe importato ben 437 trofei di specie protette provenienti proprio da questo tipo di turismo venatorio.
Sylvie Kremerskothen Gleason, direttrice per la Germania di HSI/Europe, afferma: “Non è accettabile che nel 2023 sia ancora legale vendere, in una fiera in Germania, viaggi per sparare a specie protette per gioco e divertimento. Da anni sollecitiamo le autorità competenti della città di Dortmund a non permettere simili manifestazioni, ma queste tacciono e, così facendo, sostengono questa macabra industria che aggiunge un ulteriore pericolo alla sopravvivenza di specie che sono già sotto enorme pressione. È ora che prendano posizione contro la caccia al trofeo di specie in pericolo”.
La Dott.ssa Jane Goodall, fondatrice del Jane Goodall Institute e ambasciatrice di pace delle Nazioni Unite, lancia un appello ai responsabili: «Il fatto che la caccia al trofeo di specie rare e in via di estinzione sia ancora legale è assolutamente scioccante! Per favore, fermate la vendita di viaggi organizzati per la caccia al trofeo alla fiera Jagd&Hund a Dortmund. Sostenete così la protezione degli animali e delle specie!».
Appelli sino ad ora rimasti inascoltati perché appare evidente, proprio guardando l’inchiesta realizzata da Kodami, quanto sia importante il giro d’affari di questo settore e i profitti che ricava, consentendogli anche di lubrificare gli ingranaggi giusti nei paesi dove questa caccia viene praticata.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com