I dati sono contenuti nel rapporto “Migrazioni e cambiamento climatico” a cura di CeSPI, FOCSIV e WWF Italia, rilasciato alla vigilia della COP di Parigi.
Il clima del nostro pianeta sta subendo, in modo sempre più rapido, un cambiamento disastroso. Rispetto al ciclo del carbonio naturale, infatti, l’uomo, bruciando i combustibili fossili, sta reimmettendo nell’atmosfera, sotto forma di CO2, gli enormi giacimenti organici sotterranei stoccati in milioni di anni dai processi naturali. L’aumento dei gas serra derivante dalle attività umane è, quindi, responsabile del cambiamento climatico in atto e rischia di trasformare gran parte del pianeta in un’area inabitabile.
Gli effetti del cambiamento climatico impattano maggiormente sui Paesi più poveri e sulle popolazioni più vulnerabili. Per esempio, aumentano i rischi di declino dei raccolti, di impatto sulle risorse idriche, di spostamento degli areali delle malattie, di innalzamento dei livelli del mare. Si ritiene che i Paesi che saranno i più colpiti dagli impatti del cambiamento climatico sono quelli delle regioni equatoriali. L’Internal Displacement Monitoring Agency ha calcolato che dal 2008 al 2014 oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi, l’unico modo per far fronte agli impatti e minacce e stravolgimenti sconosciuti nella storia umana.
In fuga dalla siccità
Una delle risorse naturali indispensabili alla vita più a rischio è l’acqua. Un riscaldamento superiore ai 2 °C aggraverebbe in modo significativo la scarsità d’acqua già esistente in molte regioni, in particolare in Africa settentrionale e orientale, in Medio Oriente e in Asia meridionale.
Si prevede minore disponibilità di acqua, tra l’altro, per l’Europa meridionale, l’Africa (tranne alcune aree del nord-est), gran parte del Nord e Sud America e Australia meridionale. Di contro, si prevede un aumento della piovosità nelle aree più settentrionali delle latitudini settentrionali, vale a dire il nord dell’America del Nord, il nord dell’Europa e la Siberia, nonché in alcune regioni monsoniche.
Ai cambiamenti sottostagionali e subregionali del ciclo idrologico sono associati rischi gravi, per esempio le inondazioni e la siccità, che possono aumentare in modo significativo. A essere colpite anche tutte le attività economiche, a partire dall’agricoltura.
È purtroppo facile prevedere che questo porterà intere popolazioni a subire enormi difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni elementari, specie se alla scarsità delle risorse e alla gravità dei fenomeni meteorologici estremi si assoceranno conflitti per il controllo delle risorse, aumento della violenza e disgregazione sociale.
L’impatto del cambiamento climatico sulle migrazioni
Negli ultimi anni numerose ricerche hanno cercato di identificare i meccanismi attraverso i quali il cambiamento climatico produce un impatto sulle migrazioni. Sono così stati identificati alcuni hot spots dove gli impatti del cambiamento climatico potranno contribuire a causare spostamenti di popolazioni. Chiaro è il caso dei delta di grandi fiumi, delle città costiere e delle isole che vedranno crescere il rischio di perdere la disponibilità di terra per erosioni e inondazioni, e di fenomeni come la subsidenza e la salinizzazione delle falde acquifere.
Alcune aree semi-aride sub tropicali vedranno amplificato il fenomeno della desertificazione. Con l’aumento della temperatura si ridurrà la produttività di alcune colture, mentre cresce la diffusione e l’incidenza delle malattie infettive. La progressiva penuria di acqua mette a repentaglio la vita quotidiana di molte popolazioni nel Sahel e in India, soprattutto piccoli agricoltori, pastori e famiglie senza terra. La sicurezza alimentare si riduce.
Tutti questi processi hanno effetti diretti e indiretti sul movimento delle persone e di intere popolazioni. Alcuni hanno un effetto improvviso, come nel caso delle inondazioni. Altri hanno un effetto indiretto e di medio lungo periodo sulla mobilità delle persone. Si creano così diversi possibili modelli di migrazioni riconducibili al cambiamento climatico.
Problemi giuridici nuovi
Sono numerosi nel mondo i casi di reinsediamento di comunità colpite da eventi calamitosi che hanno dato luogo a un dibattito della comunità internazionale sull’opportunità di riconoscere uno status speciale ai rifugiati ambientali.
Le opinioni sono discordanti.
La Convenzione di Ginevra del 1951 riconosce lo status di rifugiato a coloro che sono vittime di persecuzioni per diversi motivi. Questa ragione non sembra espandibile al caso di chi fugge da eventi calamitosi di carattere ambientale, per cui vi è chi chiede un altro e nuovo strumento legale internazionale.
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