Cosa rende così piccanti i peperoncini che ci fanno bruciare la bocca con un solo assaggio?
Il merito va alla capsaicina, un composto chimico presente con diverse concentrazioni nei frutti delle piante del genere Capsicum.
È grazie ad essa che percepiamo il gusto del piccante quando ingeriamo uno di questi alimenti: ciò avviene grazie alla sua capacità di stimolare e attivare gli stessi recettori che, normalmente, risponderebbero ad un aumento di temperatura nella parte colpita.
Le alte concentrazioni di tale sostanza normalmente tendono ad allontanare dai frutti gli animali che intendono cibarsene.
Per esempio nei mammiferi, come anche nell’uomo, la capsaicina agisce come repellente, creando un ricordo negativo che spinge l’animale, che assaggia i frutti che la contengono, a non ripetere l’esperienza.
Ma da alcuni studi e ricerche, come quelli eseguiti su storni (Sturnus vulgaris), beccofrusone dei cedri (Bombycilla cedrorum), Ciuffolotti messicani (Haemorhous mexicanus) e piccioni (Columba livia), emerge una strana curiosità: agli uccelli il piccante non spiace affatto!
Infatti non solo sembrano non risentire degli effetti irritanti della capsaicina, ma sviluppano una predilezione per gli alimenti che la contengono.
La risposta alla questione potrebbe trovarsi tra i risultati di uno studio che presentava come modelli una specie di tordo americano dal becco ricurvo (Toxostoma curvirostre) e due specie di mammiferi: il topo dei cactus (Peromyscus eremicus) e un altro roditore del genere Neotoma (Neotoma lepida).
A tutti i soggetti dell’esperimento era consentito l’accesso ai frutti del genere Capsicum, che contenevano capsaicina, e ad alcuni frutti appartenenti allo stesso genere con proprietà nutritive e fisiche identiche ai primi ma con una mutazione che li privava della sostanza irritante.
Il volatile mangiava entrambe le specie di peperoncino, indifferentemente dal fatto che contenessero la sostanza irritante o meno, mentre i due roditori mangiavano solo i frutti che non contenevano capsaicina lasciando intatti gli altri.
Anche le piante possono scegliere
Chiarito che gli uccelli non soffrono gli effetti della sostanza occorre rispondere ad un’altra domanda: cosa c’è a monte di questa discriminazione?
Altri dati ottenuti dal precedente esperimento ci forniscono una affascinante ipotesi.
Infatti i ricercatori notarono che i semi, dei frutti ingeriti dai mammiferi e poi espulsi con le feci non germinavano. Al contrario i semi di entrambi i tipi di frutto, con e senza la capsaicina, ingeriti e poi espulsi dal Toxostoma germinavano e crescevano allo stesso ritmo di semi prelevati direttamente dal frutto e poi piantati.
Il tratto digerente degli uccelli non danneggia i semi e la deposizione delle feci che li contiene avviene in luoghi più idonei alla loro germinazione.
Anni di coevoluzione tra le piante del genere Capsicum e gli uccelli con i quali condividono l’habitat hanno portato le piante a selezionare e decidere chi può nutrirsi dei propri frutti e chi deve starne lontano. Infatti, questi ultimi vengono resi più invitanti, per animali che favoriscono la diffusione e la crescita dei semi, o più repellenti, per le specie che non forniscono alcun vantaggio ai fini della riproduzione.
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