Di nuvole scure sul nostro continente se ne sono ammassate parecchie negli ultimi tempi. La Brexit innanzitutto e più in generale un sentimento di sfiducia verso questa Unione Europea che sempre più sembra essere stata costruita per assecondare gli interessi finanziari piuttosto che quelli sociali e politici degli stati membri.
Ma c’è anche un’altra nube che incombe sui cieli europei, quella prodotta dall’inquinamento da carbone. I suoi effetti sulla salute delle persone arrivano ben oltre i confini nazionali. Questo è quanto emerge dal nuovo rapporto pubblicato da Health and Environment Alliance (HEAL), Climate Action Network Europe (CAN), WWF e Sandbag. “La nuvola scura sull’Europa: come i paesi a carbone fanno ammalare i loro vicini” analizza l’impatto dell’inquinamento atmosferico prodotto da 257 su un totale di 280 centrali elettriche a carbone UE. Lo studio rivela che nel 2013 le emissioni di tali centrali sono state responsabili di più di 22.900 morti premature, di decine di migliaia di casi di malattie – che vanno da patologie cardiache a bronchiti – e di costi sanitari fino a 62,3 miliardi di euro.
Il rapporto analizza anche come le pericolose polveri prodotte dalle centrali a carbone viaggino attraverso i confini nazionali. I cinque paesi dell’UE che arrecano il maggior danno all’estero sono Polonia (responsabile di 4.690 morti premature all’estero), Germania (2.490), Romania (1.660), Bulgaria (1.390) e Regno Unito (1.350). I cinque paesi che più di tutti soffrono gli effetti dell’inquinamento prodotto dalle centrali a carbone nei paesi limitrofi, in aggiunta a quelli dei propri impianti, sono Germania (3.630 morti premature in tutto), Italia (1.610), Francia (1.380), Grecia (1.050) e Ungheria (700).
Secondo il rapporto, il piano di graduale abbandono del carbone entro il 2025 messo in atto nel Regno Unito potrebbe salvare fino a 2.870 vite ogni anno, di cui più di 1.300 nell’Europa continentale. Se la Germania decidesse a sua volta di abbandonare gradualmente il carbone, si potrebbero evitare, ogni anno, più di 1.860 morti premature nel paese e quasi 2.500 all’estero.
La combustione del carbone non produce solo effetti nocivi sulla salute umana, ma costituisce anche la maggiore minaccia per il clima del pianeta a causa delle ingenti emissioni di gas serra. Il report mostra quanto pesino proprio le emissioni di CO2 degli impianti a carbone in Europa e stila la lista della ‘sporca trentina”, ossia le 30 centrali più inquinanti, fra le quali figurano due impianti italiani che si collocano rispettivamente all’ottavo e al dodicesimo posto: Federico II di Brindisi in Puglia e Torrevaldaliga Nord nel Lazio. Sono ancora una decina gli impianti a carbone attivi nel nostro paese, che forniscono circa il 13% del fabbisogno elettrico nazionale, ma che pesano per quasi il 40% sulle emissioni di CO2.
“Questo rapporto”, ha detto il dottor Michal Krzyzanowski, ex esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla qualità dell’aria e attualmente Visiting Professor al King’s College di Londra, “approfondisce ulteriormente le dannose conseguenze della produzione di energia da carbone sulla nostra salute e ci mostra chiaramente il motivo per cui tutti dovrebbero preoccuparsene. Le emissioni nocive di ogni singolo impianto possono causare conseguenze significative sulla salute e sui costi della sanità. È necessario un completo abbandono del carbone”.
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