«È estremamente ovvio – afferma in un’intervista la primatologa e Messaggero di Pace delle Nazioni Unite Jane Goodall -. per nutrire e allevare gli animali dell’industria zootecnica abbiamo bisogno di spazio».
Gran parte delle foreste a livello globale sono state disboscate per il legname, per l’agricoltura e per lasciare spazio ai capi di bestiame e alle colture foraggere destinate a nutrire gli animali. L’ecologo Paul Ehrlich parla chiaro: «Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza del genere umano e delle altre specie».
L’importanza della foresta
Il WWF ci ricorda che le foreste sono la dimora dell’80% della biodiversità terrestre a livello mondiale e di circa 300 milioni di persone. Procedendo verso l’equatore la diversità biologica si fa sempre maggiore. Oltre a una ricchezza senza eguali di fauna e flora, le foreste pluviali in particolare, costituiscono un’importantissima fonte di ossigeno per la vita sul nostro pianeta e sequestrano grandi quantità di anidride carbonica, utilizzata durante la fotosintesi e immagazzinata dalle piante.
Le foreste svolgono un ruolo essenziale all’interno del ciclo dell’acqua. Contribuiscono al rilascio di umidità nell’atmosfera con formazione di nuvole e quindi di precipitazioni, che riportano l’acqua nuovamente nel terreno. Senza la vegetazione il terreno perde però la sua capacità di immagazzinare acqua e hanno così inizio fenomeni di erosione e desertificazione.
Brama di carne e deforestazione
Per sostenere l’attuale e crescente domanda di prodotti di origine animale a scopo alimentare, abbiamo bisogno di più terra. Siamo quindi costretti a ridurre la copertura forestale in modo da lasciare spazio a pascoli e coltivazioni.
Circa 50 anni fa le foreste pluviali occupavano il 15% della superficie emersa del pianeta. Osservando i dati forniti dal ricercatore Matthew Hansen dell’Università del Maryland, oggi questa percentuale si è ridotta a meno di 3.
Secondo uno studio di Sergio Margulis per la World Bank, l’allevamento sarebbe responsabile fino al 91% della deforestazione della Foresta Amazzonica. Una pubblicazione del Climate Focus dell’anno corrente, riporta che circa 26.700 chilometri quadrati di foresta vengono annualmente persi per lasciare spazio al bestiame, definito il motore principale della deforestazione. 5 milioni di chilometri quadrati sono invece destinati alla produzione di soia; dobbiamo qui ricordare che, secondo Greenpeace, circa l’80% della soia prodotta a livello mondiale è destinata agli animali.
La conversione delle foreste a pascoli è causa di erosione, sia per l’assenza di vegetazione, sia per il calpestio da parte del bestiame. Entrambi concorrono nel rilasciare l’anidride carbonica un tempo stoccata nelle piante e nel suolo.
Perdita di specie e tribù
Nel libro vincitore del Premio Pulitzer La sesta Estinzione, la giornalista Elizabeth Kolbert parla in modo approfondito di foreste tropicali e delle minacce a cui sono sottoposte. Una ricchezza elevata di specie nelle zone tropicali si traduce in una perdita devastante di flora e fauna. Secondo una stima conservatrice della Kolbert, la deforestazione è responsabile della scomparsa di 14 specie al giorno. Considerando che il numero di specie oggi conosciute e quelle potenziali differiscono di gran lunga, ogni giorno portiamo all’estinzione specie animali e vegetali di cui non conosceremo mai l’esistenza.
Non solo perdiamo la biodiversità, ma portiamo anche all’estinzione le tribù che vivono ancora in armonia con la foresta. Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), dei 6 milioni di indigeni che un tempo vivevano nella Foresta Amazzonica, oggi ne restano meno di 250 mila.
Compromettere il futuro
«Come mai – si chiede Kip Andersen autore di Cowspiracy, – non ci viene raccontata tutta la verità sulla deforestazione?». Il responsabile dei programmi della Amazon Watch, Leila Salazar-López, risponde così: «Molti tengono la bocca chiusa per paura […]». Sorella Dorothy Mae Stang, il cui motto era La morte della foresta è la fine della nostra vita, si era a lungo battuta in Brasile per la tutela della foresta dalla distruzione ad opera di potenti allevatori, commercianti di legname e industrie agroalimentari per colture destinate agli animali. Dorothy fu uccisa il 12 febbraio del 2005.
Il genere umano mal sopporta la realtà, scrisse Thomas S. Eliot e, da ciò che emerge dal libro Chi c’è nel tuo piatto? di Jeffrey Moussaieff Masson, in genere minimizza o allontana problemi che non riguardano la routine. Le foreste pluviali appaiono lontane e inesauribili, eppure la FAO prevede che entro il 2050 la domanda di carne aumenterà di circa il doppio e di conseguenza anche la richiesta mondiale di colture foraggere. Viene allora spontaneo domandarsi: dove troveremo terra a sufficienza per sfamare tutti se la domanda non cambia? Ma soprattutto, saremo in grado di sopravvivere senza foreste?
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