Si continua a parlare, giustamente, di consumo di suolo, di cercarne di ridurne l’impermeabilizzazione tentando di costruire su aree già trasformate (es. ex-zone industriali/commerciali abbandonate), peraltro molto diffuse nel nostro Paese, soprattutto attorno alle grandi città.
Eppure l’ultimo rapporto (il decimo) “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (scarica qui il documento), redatto come di consueto dal Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (Snpa) e presentato in occasione della 40a assemblea annuale ANCI, riporta dati impietosi: non solo la cementificazione di suolo non è rallentata, ma accelera, con i valori più alti degli ultimi 11 anni.
In Italia, infatti, in un anno, sono stati “sigillati” altri 77 km2, ovvero: 2,4 metri quadri ogni secondo. I costi per i servizi ecosistemici persi sono stati stimati attorno ai 9 miliardi, mentre le attività di ripristino procedono lentissime appena 6 km2. Ad esse si associano poi azioni pubblicizzate di “greenwashing”. L’obiettivo “consumo zero” è dunque sempre più un miraggio!
Il terreno perso per la cementificazione
Si tratta di 21 ettari di terreno pari al 10,2% in più rispetto al 2021, tra l’altro su aree per lo più agricole e quindi produttive, che ogni giorno vanno perse, coperte da colate di cemento o asfalto che spesso rispondono a finalità speculative o per i sempre più diffusi insediamenti di logistica, e non certo per soddisfare reali esigenze collettive.
Le nuove coperture portano quindi il totale delle aree cementificate nel nostro Paese a oltre 21.500 km2: il 7,14% del suolo nazionale.
Al contrario, vanno lentissime le attività di ripristino di aree naturali (come detto appena 6 km2): per lo più sono associate al recupero di aree di cantiere o di altro suolo consumato reversibile. Il consumo netto quindi è di 70,8 km2, dei quali 14,8 km2 di consumo permanente. E ad essi vanno aggiunti altri 7,5 km2 passati, nell’ultimo anno, da suolo consumato reversibile a permanente.
Si tratta di dati che parlano da soli. Un suolo più cementificato e antropizzato vuol dire maggiore esposizione ai rischi idrogeologici, un maggior contributo allo sviluppo di “isole di calore” e una continua perdita della biodiversità e vitalità dei terreni.
Continuiamo così, ballando sul Titanic!
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