Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “la resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi rappresenta un problema sempre più grave per la salute pubblica. I progressi conseguiti nell’ambito della batteriologia e immunologia e la scoperta prima dei sulfamidici negli anni Trenta e quindi degli antibiotici (penicillina) negli anni Quaranta, hanno contribuito a diffondere l’illusione che le infezioni ospedaliere potessero essere definitivamente eradicate. Tale illusione si è subito rivelata falsa: le infezioni ospedaliere hanno continuato a rappresentare la più frequente “complicanza” e il loro trend è in continuo aumento. È stato valutato che in media il 5% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione durante il ricovero e dal 7% al 9% dei pazienti ricoverati, a un dato momento è infetto.
Le cause
Alla base dell’antibioticoresistenza un ruolo particolare è giocato dall’uso inappropriato di antibiotici. Il largo uso che ne è stato fatto negli ultimi 60 anni in medicina umana, medicina veterinaria, in zootecnia e persino nell’agricoltura ha esercitato e continua a esercitare una potente azione selettiva nei confronti dei batteri, che per sopravvivere sono costretti a mutare.
Il fenomeno dell’antibioticoresistenza ha carattere universale, ma in Italia il quadro è decisamente più preoccupante. Il consumo di farmaci antibiotici in ambito umano è uno dei più alti in Europa e l’Italia è, inoltre, in controtendenza: in diversi paesi il trend si è generalmente invertito. In Italia, invece, si era rilevata un’iniziale riduzione dei consumi in ambito territoriale, ma nel 2013 si è di nuovo osservato un aumento significativo del consumo di antimicrobici (+5,2%).
Anche il consumo di antibiotici in ambito veterinario è fra i più elevati in Europa.
L’allarme è stato lanciato dalla SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).
di Luca Serafini
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com