Stipate in capannoni di cemento, senza mai la possibilità di uscire all’aria aperta e pascolare su un pezzo di prato, e indotte a parti continui così da produrre latte che verrà utilizzato per fare soprattutto formaggio.
Essere Animali ha condotto una nuova inchiesta che mostra cosa avviene all’interno del più grande impianto italiano per la produzione di latte di pecora.
Dentro l’allevamento intensivo
Le immagini sono state raccolte dagli infiltrati che hanno lavorato sotto copertura nell’allevamento del Nord Italia, dove sono rinchiusi 5000 ovini tra pecore, agnelli e montoni allevati per la produzione di carne e latte di pecora. «Come tutti i mammiferi anche le pecore producono latte dopo il parto, per nutrire i propri piccoli – spiega Simone Montuschi, portavoce dell’associazione animalista –. Ma per destinarlo al consumo umano, negli allevamenti gli agnelli vengono separati dalla madre subito dopo la nascita e nutriti con mangimi industriali. Se maschi, verranno macellati per la carne a soli 30 giorni di vita, se femmine saranno allevate per la produzione di latte».
Spintonate e prese a calci
L’empatia verso gli animali, come di sovente accade negli allevamenti di tipo intensivo, è azzerata.
«Il nostro investigatore ha filmato animali presi a calci, insultati e colpiti con tubi di ferro. Durante gli spostamenti o le fasi di mungitura, alla minima resistenza gli animali vengono maltrattati. È stato filmato un caso particolare significante in cui, per braccare un montone, un operaio lo cavalca per diversi metri».
A queste violenze si aggiungono poi le conseguenze dell’allevamento intensivo. «Le pecore sono trattate come se fossero macchine da latte, alimentate con mangimi ad alto rendimento e sottoposte a mungitura due volte al giorno, per otto mesi l’anno. Questa produzione innaturale esige animali giovani e prestanti, per questo sono macellate attorno ai cinque anni d’età mentre potrebbero viverne fino a dodici».
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