Grazie a un emendamento inserito all’ultimo momento al Senato dalla senatrice Loredana De Petris di LEU, sempre molto attenta alle questioni che riguardano gli animali, è finalmente arrivato il definitivo divieto di allevare animali da pelliccia nel nostro Paese.
Una decisione attesa da molto tempo dalle associazioni che si occupano dei diritti degli animali, che non sembrava trovare la strada per vedere la luce, nonostante i pericoli di natura sanitaria e i maltrattamenti che causavano a visoni ed altre specie.
Il numero degli allevamenti era oramai ridotto al lumicino, da una parte per l’attenzione dell’opinione pubblica e delle grandi firme della moda, dall’altra perché, anche in questo caso, la produzione italiana risultava essere economicamente poco conveniente, vista la concorrenza di altri Paesi.
Per ristorare gli allevatori, che già erano stati “bloccati” da divieti temporanei disposti dal ministro della salute Roberto Speranza, che sarebbero scaduti il 31 dicembre di quest’anno, il governo ha deciso di stanziare tre milioni di euro.
Una cifra che sembra non di poco conto in relazione al numero di allevamenti rimasti attivi, seppur in stand by, in Italia.
Gli allevatori avranno tempo sino al 30 giugno per arrivare alla chiusura definitiva e uno dei punti dolenti è rappresentato dalla sorte degli animali ancora presenti, che quasi certamente saranno abbattuti o venduti all’estero. Si tratta per lo più di visoni americani, una specie difficile da gestire in cattività in situazioni di relativo benessere e, comunque, non detenibile da privati.
La consolazione è che almeno in Italia questo sarà davvero l’ultimo atto di una sofferenza costante che veniva inflitta agli animali allevati per la pellicceria.
Senza sminuire l’importanza di questo provvedimento, atteso da molto tempo, appare ora importante riuscire a informare in modo capillare l’opinione pubblica sull’anacronismo crudele rappresentato dalle pellicce, ma anche dai particolari in pelo vero che ornano ancora molti capi d’abbigliamento. Il divieto, infatti, riguarda l’allevamento, ma non la commercializzazione delle pellicce sul nostro territorio: questo significa che i capi con pelliccia potranno essere comunque venduti lecitamente, purché le pelli provengano da allevamenti esteri e non siano di cane o di gatto, il cui utilizzo è da tempo vietato in tutto il territorio della Comunità Europea.
L’Italia si aggiunge così al numero di Paesi che hanno già vietato da tempo gli allevamenti di animali da pelliccia, sperando che molto presto si arrivi anche a un completo bando dell’importazione e dell’allevamento di animali selvatici destinati a essere venduti come animali da compagnia. Un divieto importante sia per evitare i maltrattamenti che avvengono durante l’allevamento, sia quelli che sono causati dalla cattività. Un commercio che non è solo causa di sofferenza per gli animali ma che rappresenta un concreto pericolo per la salute umana, come dimostra la pandemia in corso. Per evitare la trasmissione di zoonosi, malattie degli animali trasmissibili agli uomini, è della massima importanza evitare contati stretti fra animali selvatici e uomini: virus come il SARS-Covid 19 possono albergare senza danno in diverse specie animali, ma possono diventare molto, molto pericolosi per la nostra specie. Una lezione che dopo questo periodo dovremmo avere imparato e compreso in tutta la sua gravità.
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