Fino a non molti anni fa l’impiego degli alberi in città ha risposto soprattutto a esigenze ornamentali: viali fiancheggiati da piante svettanti, macchie verdi nei giardini, qualche esemplare isolato dall’aspetto monumentale.
Gli elementi arborei sono stati a lungo considerati elementi residuali all’interno dei centri abitati. I più attenti ne comprendevano al più il valore estetico, molti li consideravano addirittura elementi di disturbo per via delle chiome che invadono gli spazi, le radici che danneggiano il manto stradale, le foglie che ostruiscono canali e grondaie.
Non dobbiamo dimenticare questi atteggiamenti, che invero ancora oggi serpeggiano in una parte della popolazione: non tutti amano gli alberi, alcuni vedono negli amici verdi solo elementi di disturbo che “sporcano” le vie e le piazze. Per fortuna sono sempre meno a pensarla in questo modo, mentre cresce il numero delle persone – cittadini e amministratori pubblici – che comprendono l’autentico e irrinunciabile valore degli alberi.
Ora è in corso una sorta di sfida fra chi riuscirà a mettere a dimora più piante nei prossimi anni. Non solo per abbellire le città, obiettivo già di per sé ampiamente condivisibile, ma per renderle più vivibili e resilienti. Non più, quindi, solo alberi in filare o nei parchi, ma ovunque ci sia spazio per ospitarli. Ecco il concetto di foresta urbana. Il premier Conte nei giorni scorsi a Milano ha parlato di Parco Italia e di un premio Capitale Verde d’Italia. Forse ci stiamo avviando verso una rivoluzione. Forse.
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