Diserbare finalmente senza inquinare il suolo e disperdere nell’aria sostanze tossiche, il cui accumulo porta ad una presenza nell’ambiente che può durare anni e finire anche nelle catene alimentari. Un sogno che piano piano si sta realizzando, riscoprendo antiche tecniche di agricoltura biologica od utilizzando nuove tecnologie, come quella che di recente è stata messa a punto in Sardegna. Tra l’altro creando un interessante ciclo virtuoso di economia circolare dove lo scarto di un’azienda diventa materia prima per un’altra.
E l’idea è ancora di Daniela Ducato, imprenditrice vera campionessa di green economy il cui motto non a caso è “L’eccedenza deve produrre l’eccellenza”. Daniela, con la sua azienda Edizero, già anni fa aveva lanciato Edilana, una serie di materiali isolanti biologici da usare in edilizia fatti proprio con la lana di pecora che, dopo l’avvento delle fibre sintetiche, era diventata uno scarto per i poveri allevatori sardi, che oltre a non poterla quasi più rivendere si erano trovati nel giro di pochi anni a doversi anche sobbarcare i costi di smaltimento.
Oggi i pannelli termoisolanti realizzati al 100% in lana di pecora sarda, ottenuti tra l’altro attraverso la creazione di una filiera in cui sono stati coinvolti allevatori, la Coldiretti e vari tecnici, sono molto richiesti, grazie alle prestazioni eccellenti di un materiale con il più alto potere isolante rispetto alla densità. E con benefici anche a livello di purificazione dell’aria degli ambienti chiusi, spesso tutt’altro che pura. Oggi Daniela, sempre con la grande capacità di coinvolgere e circondarsi di persone capaci, ha lanciato un’ altra interessante linea di prodotti ecologici che si chiama “L’Ortolana”, specifica per il verde, l’agricoltura bio e la Land Art. Tra queste un nuovo sistema per il diserbo non chimico.
L’idea in realtà nasce due anni fa quando la MM, un’azienda di Mantova, brevettò un sistema di diserbo non chimico basato sul vapore. In altri termini le erbe infestanti non vengono debellate con la chimica, ma tramite il calore che le brucia, senza però usare la fiamma viva, come invece accade nelle più note tecniche di pirodiserbo. C’è però una differenza tra il sistema mantovano e quello sardo: qui l’intuizione è stata quella di aggiungere al vapore altre sostanze, ovvero scarti delle lavorazioni alimentari ed edili, tra cui appunto quelli del ciclo della lana. In pratica questo nuovo eco-diserbante è ottenuto vaporizzando una soluzione acquosa a base di idrolizzato di lana, eccedenze della lavorazione dell’olivo, miele e propoli.
Queste sostanze non solo aumentano la temperatura dell’acqua ma allo stesso tempo nutrono il terreno. Ovvero mentre i diserbanti tradizionali di sintesi chimica fanno seccare e morire le piante, ma sterilizzando nel tempo anche gli strati superficiali del suolo, in questo caso invece l’eco-diserbo svolge anche una sorta di funzione fertilizzante. Tra l’altro senza disperdere sostanze chimiche in zone spesso frequentate dalle persone (es. parchi pubblici) e risolvendo anche il problema dello smaltimento di quelli che erano scarti di altre lavorazioni.
In questo modo si tutelano sia i cittadini sia gli operatori, che non hanno più necessità di indossare la mascherina.
L’idea sta riscuotendo grande interesse anche oltre i confini nazionali, con molte richieste soprattutto dal Nord Europa. Ma ora la sfida si sposta all’agricoltura industriale, con l’idea di sviluppare questo sistema in modo che possa essere utilizzato anche su superfici molto estese come appunto quelle dei campi agricoli. In modo da vincere la sfida per un’agricoltura sempre più rispettosa dell’ambiente e dell’Uomo.
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