I custodi del Centro Visite del Parco a Pescasseroli hanno rinvenuto morta Yoga, l’orsa di 30 anni che, dal 2017, era ospitata presso il centro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Le cause della morte sono, con ogni probabilità, da attribuire all’età: già lo scorso anno Yoga aveva subìto un importante intervento a causa di alcune ernie midollari alla colonna vertebrale, che le stavano paralizzando gli arti posteriori.
«Si era rimessa e aveva ricominciato a camminare, anche se rimanevano tutte le problematiche legate alla sua età» spiegano dal Parco.
Tuttavia, per compiere ulteriori accertamenti la carcassa è stata mandata all’Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise per l’autopsia
L’appello per liberarla
Non ce l’ha fatta Yoga a morire libera nei suoi boschi, nonostante l’appello lanciato alcuni mesi fa per chiedere che venisse rilasciata in Natura almeno durante gli ultimi mesi di vita.
«Quella di Yoga è una storia amara, perché ha rappresentato il primo, e finora unico, caso in cui l’Ente Parco ha ridotto in cattività un orso problematico – spiega l’Ente in una nota -. Questa scelta è stata dettata, anni fa, da ragioni di opportunità oggettive, da cui tanto abbiamo imparato e che ci hanno consentito di sviluppare procedure e metodi di gestione più utili e funzionali per mitigare il conflitto orso-uomo».
Famosa per le sue scorribande
La storia dell’orsa Yoga è sicuramente singolare: l’animale non è stato trovato da cucciolo ma, da giovanissima, ha cominciato a frequentare l’area della Camosciara, durante l’estate, cercando di rubacchiare cibo qua e là ai turisti in procinto di fare un pic-nic.
«In quel periodo, presso il Casone Antonucci in Camosciara c’erano anche tanti volontari del Parco, provenienti da ogni parte d’Italia e che ricorderanno, ancora oggi, con affetto e incredulità, le avventure di quell’orsa diventata per loro tanto familiare – racconta il Parco –. Yoga, però, nel corso degli anni è diventata sempre più confidente e impertinente, tanto da arrivare nei campeggi e spaventare le persone. Era la fine degli anni ’90 e, dopo un paio di eventi molto pericolosi, il Parco ha preso la decisione di ridurla in cattività. Una scelta dolorosa, ma necessaria a garantire l’incolumità delle persone e della stessa orsa che, se avesse continuato le incursioni, avrebbe certamente potuto trovare la morte a causa di eventi accidentali legati all’uomo».
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