Edward Wilson ci ha lasciati, all’età di 92 anni, lo scorso dicembre a Burlington, nel Massachusetts. La sua morte è stata annunciata dalla EO Wilson Biodiversity Foundation, fondata nel 2005 a suo nome per promuovere la conservazione della biodiversità.
Un gigante intellettuale e un uomo cordiale, umile e compassionevole ma molto determinato.
Biologo pluripremiato e professore alle università di Harvard e Duke, uno dei maggiori naturalisti e ambientalisti del mondo soprannominato “erede naturale” di Charles Darwin.
Edward Osborne Wilson è stato uno dei grandi biologi del XX secolo, un naturalista classico affascinato dai luoghi inospitali. Specialista a livello mondiale nella biologia delle formiche, ma non solo, fu un profondo studioso che sviluppò fondamentali teorie in ecologia ed evoluzione. Nel corso della sua carriera, ha vinto quasi tutti i principali premi scientifici e due premi Pulitzer, nel 1995 la rivista Time lo ha inserito fra i 25 americani più influenti.
Non è stata fornita alcuna causa per la sua morte, ma la fondazione ha affermato che un tributo alla sua vita è già stato programmato per il 2022.
Come nasce la sua passione per la natura
Nativo di Birmingham, in Alabama, del 10 giugno 1929, EO Wilson sosteneva di aver sviluppato un interesse per il mondo naturale sin da piccolo.
Figlio di Edward Osborne Wilson Sr., che lavorava come contabile, e di Inez Linnette Freeman, che faceva la segretaria, la sua vita familiare non è stata così rosea. I genitori hanno divorziato quando lui aveva otto anni, il padre era alcolizzato e alla fine si suicidò.
Ma queste difficoltà per fortuna erano accoppiate a un naturale amore per la vita all’aria aperta, il suo amore per la scienza è infatti sbocciato dal suo interesse per il mondo naturale.
Il papà aveva lavori che lo trascinavano in diverse località dell’Alabama, di conseguenza lui cambiava scuola frequentemente senza avere mai dei compagni e degli amici stabili. L’unica sua valvola di sfogo erano i boschi, le paludi e i ruscelli.
Da piccolo ebbe anche un incidente che lo lasciò parzialmente cieco. Un giorno, mentre stava lanciando una lenza, ha tirato troppo forte quando ha catturato un pinfish, che gli è volato in faccia e una delle spine sulla sua pinna ha trafitto il suo occhio destro, riducendo così la sua vista a lungo raggio. La conseguenza fu la mancanza di percezione della profondità, che rendeva difficili alcune osservazioni. Ma poteva tenere gli insetti davanti al suo buon occhio, così da lì iniziò a sviluppare la sua ossessione per le formiche, iniziò anche a portare a casa delle vedove nere e allevarle in grandi vasi sul portico sul retro di casa. A soli 9 anni iniziò una collezione di farfalle e all’età di 13 anni scoprì la prima colonia di formiche rosse importate negli Stati Uniti, una specie divenuta un rilevante parassita nel sud.
Chi era Wilson?
Studente all’Università dell’Alabama e dottorando ad Harvard, dove ha poi insegnato
per ben 46 anni, era un esperto di insetti, conosciuto come “l’uomo delle formiche”, aveva esplorato come la selezione naturale e altre forze potessero influenzare il comportamento degli animali.
Durante la sua carriera ha scoperto più di 400 specie di formiche e ha documentato come esse utilizzano le escrezioni di feromoni per comunicare fra di loro.
La prima parte della carriera di Wilson è stata però contrassegnata da ostilità e polemiche.
Gli anni ’50 e ’60 furono anni decisamente molto turbolenti per la scienza. La scoperta nel 1953 della struttura del DNA da parte di Francis Crick e James Watson aveva rivoluzionato la biologia, facendo nascere nervosismi tra biologi molecolari e i biologi classici, la cui attenzione su organismi e specie intere sembrava superata.
Durante gli anni ’70, Wilson tornava a far parlare di sé grazie a una nuova disciplina chiamata sociobiologia. Aveva esteso le sue idee sul comportamento sociale degli insetti agli animali e poi agli umani, ponendosi al centro del dibattito sulla natura contro l’educazione.
«Questo è il principio fondamentale della sociobiologia: esistono geni per particolari comportamenti sociali e che si sono diffusi per selezione naturale. Ma gli scienziati sono profondamente divisi sulle implicazioni scientifiche e sociali», affermava Wilson, ribadendo che i geni di ciascuno di noi guidano i nostri comportamenti sociali, dalla guerra all’altruismo. Quell’idea ha suscitato un forte contraccolpo da parte di colleghi accademici e attivisti che hanno uguagliato il determinismo biologico al movimento eugenetico dell’inizio del XX secolo e alla Germania nazista.
Ha riassunto queste sue teorie in un libro pubblicato nel 1975 Sociobiology: The New Synthesis, che gli ha fatto da una parte guadagnare la notorietà ma dall’altra parte anche numerose critiche.
Wilson ha scritto più di 30 libri, avventurandosi anche nella narrativa con Anthill, un romanzo per adulti, pubblicato nel 2010, su un ragazzo dell’Alabama che cerca di salvare le paludi.
Sostenitore accanito della conservazione della biodiversità e dell’ambientalismo, dichiarava che: «Distruggere una foresta pluviale a scopo di lucro è come bruciare un dipinto rinascimentale per cucinare un pasto».
Parlando a NPR nel 2016, ha affermato che: «Il destino del pianeta è nelle mani delle persone, dei paesi, in particolare del nostro, che hanno la capacità di cambiare le cose».
Credeva anche che scienza e religione dovessero unirsi per salvare la creazione e, a questo proposito, aveva pubblicato una serie di lettere a un immaginario battista, chiedendo un’alleanza per preservare l’ecosistema terrestre.
Wilson è stato determinante nel lancio nel 2008 dell’Enciclopedia della vita, un database online gratuito che documenta tutte le 1,9 milioni di specie sulla Terra riconosciute dalla scienza.
Come ha affermato Paula J. Ehrlich, amministratore delegato e presidente della EO Wilson Biodiversity Foundation: «Il suo coraggioso focus scientifico e la sua voce poetica hanno trasformato il nostro modo di comprendere noi stessi e il nostro pianeta».
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