Il Covid-19 è piombato sul genere umano tanto all’improvviso quanto violentemente, costringendoci a riorganizzare le nostre vite e a dare prova di adattamento. Ma anche di altruismo e solidarietà, come insegnano le formiche.
Il 23 novembre 1859, il giorno precedente l’uscita de “L’origine delle specie”, Charles Darwin ricevette una lettera del suo amico Thomas Henry Huxley. Il “mastino di Darwin” – così sarà ricordato in seguito per la sua fedeltà alla causa dell’evoluzionismo – si dichiarava pronto a morire pur di difendere la teoria che stava per rivoluzionare il mondo, tuttavia non mancava di sollevare alcune perplessità.
L’idea che la selezione naturale seguisse una traiettoria necessaria e inevitabile, elemento cardine del pensiero darwiniano, non piaceva a Huxley. In particolare, non era affatto convinto che l’evoluzione dovesse avvenire sempre in modo lento e graduale. Questa gli sembrava un’asserzione apodittica, che rischiava di diventare un cappio intorno al collo pronto a essere stretto dai detrattori.
A suo parere sarebbe stato meglio riconoscere una pluralità di ritmi e di fattori dell’evoluzione. Aveva ragione, ma occorse più di un secolo per dimostrare che gli svolgimenti sono spesso imprevedibili.
Nelle edizioni successive della sua opera, Darwin mitigò certe affermazioni gradualiste troppo spinte. Spiegò, per esempio, che le specie a volte restano inalterate a lungo, mentre in altri casi concentrano il cambiamento in un periodo di tempo molto breve. In ogni caso il richiamo di Huxley fu accolto in modo marginale.
Oggi è ampiamente accettata l’esistenza di un pluralismo anche nei fattori dell’evoluzione. Eppure molti di noi sono ancora propensi a credere che la vita proceda seguendo una concatenazione di progressioni lineari e continue scandite da un inappuntabile metronomo battente un ritmo uniforme e invariabile.
Davanti alle grandi svolte della storia naturale – dai bruschi salti evolutivi alle catastrofi – ci sentiamo disorientati. Sappiamo che ogni specie vivente lascia dietro di sé tracce di creazioni, metamorfosi, migrazioni, colonizzazioni di nuovi habitat, accelerazioni ed estinzioni.
Tuttavia ci spaventa l’idea che ciò possa valere anche per il genere umano. L’attitudine a dominare il territorio e la genialità delle soluzioni organizzative messe in campo ci trascinano a credere che la nostra capacità di sopravvivenza non conosca limiti. In realtà tutto è in divenire. Basti pensare che l’ossigeno, prima di essere il nutrimento essenziale per la gran parte delle creature terrestri, fu un potente veleno. E che la linea genealogica da cui ha avuto origine la nostra specie è stata a un passo dall’estinguersi.
La storia della vita è composta di grandi isole di stabilità spazzate via dal potere distruttore e al contempo creatore di eventi singolari e irriproducibili. Come, ad esempio, il sopraggiungere improvviso di un minuscolo, sconosciuto e impercettibile virus che costringe il mondo intero a reinventarsi.
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