È risaputo che la musica ha la capacità di cambiare lo stato emotivo, fisico e mentale dell’uomo: questo fenomeno è stato chiamato “effetto Mozart”.
Tra i sostenitori di questo evento troviamo Alfred Tomatis, medico otorinolaringoiatra che dedicò i suoi studi alle connessioni tra la voce, il cervello e l’orecchio, dando vita all’Audio-psico-fonologia o metodo Tomatis.
Dopo anni di ricerche sulle proprietà cognitive e terapeutiche del suono, Tomatis affermò che la musica determina il maggior effetto curativo sul corpo umano.
Ma cos’è l’effetto Mozart?
Nel 1993 i fisici Frances Rauscher e Gordon Shaw pubblicarono su Nature uno studio dal titolo “Music and spatial task performance” secondo il quale l’ascolto della Sonata in re maggiore per due pianoforti (KV 448) di Wolfgang Amadeus Mozart avrebbe prodotto un temporaneo aumento delle capacità di ragionamento spaziale nei volontari che si erano sottoposti all’esperimento.
Diversi anni più tardi, nel 2001, John Jenkins, professore all’Università di Londra, tornò sull’argomento e sul Royal Society of Medicine pubblicò l’articolo “L’effetto Mozart” contenente una serie di studi per verificare gli effetti terapeutici della musica.
Facendo ascoltare per dieci minuti al giorno la Sonata per due pianoforti in re maggiore K. 448 di Mozart a pazienti affetti da epilessia, notò che questa esposizione aveva come effetto una drastica riduzione degli attacchi epilettici.
Altri studi avevano confermato che nei bambini epilettici a cui erano state impartite lezioni di pianoforte per sei mesi risultavano punteggi più alti nei test di movimento rispetto ad altri bambini a cui era stato insegnato l’uso del computer.
Gli esperimenti furono condotti anche sui topi alle cui madri durante la gestazione era stata fatta ascoltare ciclicamente la sonata K 448 di Mozart.
Il risultato fu strabiliante poiché si riuscì a stabilire che questi topi riuscivano ad uscire più velocemente da un labirinto rispetto a quelli alle cui madri non era stata somministrata alcuna musica o al gruppo al quale era stata fatta sentire altra musica (pop,rock, ecc..).
Perché proprio Mozart?
Su questi effetti esistono diverse teorie di pensiero; per alcuni ricercatori dipende dalle tonalità usate e dall’insistenza su una particolare nota, il SOL della 5° ottava.
Per altri studiosi è dovuto alla periodicità della struttura mozartiana.
Si è però scoperto che anche altri brani classici, come le sonate di Bach o alcuni movimenti de Le Quattro stagioni di Vivaldi, sortiscono lo stesso effetto.
“L’effetto Mozart” è dunque un aulico linguaggio musicale in grado di aumentare l’elasticità dei circuiti neurali della corteccia cerebrale, rafforzando le elaborazioni creative dell’emisfero destro, associate al ragionamento spazio temporale.
L’orientamento scientifico porta a credere che questo effetto sia innescato da un certo linguaggio musicale e non sia paragonabile a ciò che può fornire la scrittura alfabetica.
A differenza del linguaggio, sono molte le aree del cervello attivate da uno stimolo musicale. Infatti, la musica produce stimoli uditivi articolati in maniera molto complessa. Il cervello elabora il suono e la musica in modo gerarchico e distribuito, attiva quindi processi percettivi che avvengono simultaneamente in diverse aree cerebrali, anche molto lontane tra di loro.
Da tutto questo emergono due aspetti fondamentali. Innanzitutto la funzione maieutica svolta dal linguaggio musicale. In secondo luogo il ruolo determinante dell’udito che, come sosteneva Tomatis, predispone l’orecchio a divenire un organo chiave nello sviluppo totale dell’uomo.
Il ricercatore francese comprese che anche se il cervello viene caricato di potenziale elettrico ad alta frequenza vi è un incremento della concentrazione e dell’apprendimento, rinforzando così la teoria “dell’effetto Mozart”.
La relazione tra il nostro corpo, la psiche e il linguaggio musicale diviene sempre più intima e fa sì che si aprano porte a nuove realtà di conoscenza.
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