di Luciano Ruggieri
Il nuovo saggio di Jonathan Franzen, che si intitola “E se smettessimo di fingere? Ammettiamo di non poter più fermare la catastrofe climatica” (Einaudi), non ammette mezze misure e pone a tutti gli ambientalisti una domanda provocatoria. La questione del clima è un problema troppo grande per spenderci più energie! Sul clima ci siamo impegnati fin troppo senza ottenere una parvenza di successo e (forse) non c’è speranza di invertire il processo. Possiamo considerare la battaglia perduta e dedicarci a temi meno impegnativi – si fa per dire – come la conservazione della biodiversità?
Ci avviamo verso l’autodistruzione del genere umano o comunque verso cambiamenti catastrofici del nostro Pianeta. Sopravvivremo? Probabilmente no, ma intanto prima scompariranno altre specie a cui in questo momento, così presi dalla battaglia sul clima, stiamo dando poca attenzione.
La Tottavilla ad esempio
La Tottavilla (Lullula arborea) è un passeriforme simile all’Allodola, insignificante ai più, tipico degli ambienti aperti, semisteppici e collinari, in diminuzione in tutt’Europa a causa delle trasformazioni ambientali. Al posto degli incolti è più facile impiantare delle colture e in Italia, dei vigneti. Non è una specie appariscente, Franzen che è un appassionato di birdwatching, lo sa benissimo: perché la sceglie come icona?
Proprio perché della Tottavilla non frega niente a nessuno: non è l’Oca delle nevi, non è il Gipeto, non è il fantasmagorico Ibis eremita che nessuno sa dove stesse di casa un tempo, come l’Araba Fenice. Non è quello che si dice in gergo ambientalista una “specie ombrello”.
Loro sì che valgono
Salviamo il Gipeto perché è un simbolo dell’ambiente di montagna. Lo salviamo perché biechi umani lo hanno estirpato dalle Alpi dato che pensavano che mangiasse gli agnelli e forse anche i bambini. Una mentalità retriva che l’Uomo moderno non può più accettare.
L’Ibis eremita che è una specie in estinzione a livello mondiale, lo alleviamo a mano in voliera per ributtarlo in Natura guidandolo con un ultraleggero che gli insegna dove andare. Poco ci importa che non sappia dove andare in un mondo che non è quello del XVI secolo, che è l’ultima volta che se ne è visto uno selvatico vivo. È una specie simbolo e questo basta.
Lei, invece…
La Tottavilla sopravvive come può, è criptica, se ne sta in quegli ambienti marginali che in Italia nessuno vuole, a meno di non farci pascolare le pecore o impiantare un nuovo vigneto. La Tottavilla che nessuno protegge, perché non è bella come il Panda, non è affascinante come un’Aquila di mare, non è mitica come il Pagliarolo.
Dovremmo tornare a dedicarci alla salvaguardia della biodiversità e abbandonare la titanica lotta sul cambiamento climatico?
Per Jonathan Franzen sembra chiaro: stiamo buttando via risorse anche economiche per tentare di salvare un processo inarrestabile. Con buona pace di Greta e di chi l’ha osannata.
Che dite? Ha torto o ragione?