Nell’immaginario comune sono gli animali pericolosi per eccellenza: si tratta degli squali, i grandi predatori marini da sempre sinonimo di morte.
A consolidare l’atavica paura per gli squali, ci ha pensato anche il grande schermo; i dati, invece, smontano l’immagine dello squalo predatore di uomini. Dal 1958 al 2018 (60 anni) – in tutto il mondo – gli attacchi del grande predatore marino ai danni dell’uomo sono stati 2.785; di questi, 2.018 sono risultati fatali. A confronto, per esempio, i morti nel mondo per l’influenza sono 650 mila all’anno (fonte: Centers for Disease Control and Prevention).
Quanti squali uccide l’uomo?
Per contro, ogni anno sono 100 milioni gli squali che vengono pescati e uccisi.
«La crescente domanda di pinne ha spinto le flotte di bracconieri a incrementare la pesca allo squalo – spiega Sea Shepherd –. Spesso gli squali sono spinnati ancora vivi e poi rigettati in acqua, dove muoiono affogati».
Un altro rischio è rappresentato dalla domanda di olio di fegato di squalo, ingrediente base di molti integratori salutistici.
Infine, una delle minacce maggiori per la sopravvivenza della specie è rappresenta – così per gli squali, come per alti pesci – dalle catture accidentali.
Un mare senza predatori
Un mare impoverito di squali rischia di essere uno scenario preoccupante, considerando il ruolo fondamentale che hanno nel mantenimento degli equilibri dell’ecosistema marino. «La proporzione del fenomeno è preoccupante – spiega Sea Shepherd –. Negli ultimi 33 anni, la maggior parte della popolazione di squali ha subito un declino di oltre il 90%».
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