Ogni volta che si sente la parola “squalo” la gente si preoccupa. Si tratta di una paura atavica, di quelle, evidentemente, che ci portiamo dietro e che è difficile estirpare tanto da trasformare anche un semplice pesce luna ferito in un temibile orco dei mari, com’è accaduto a luglio su una spiaggia del Pisano.
Quest’anno, forse complice il caldo e il maggior numero di bagnanti a mollo, sono stati numerosi gli avvistamenti di squali anche sottoriva, soprattutto verdesche, ma non sono mancate specie più rare come mako e volpe, allamati o pescati e finiti in pescheria dove, come si legge in un articolo, lo squalo di turno «dopo essere stato sezionato, è stato venduto in un mercato dove la clientela non si è lasciata sfuggire l’occasione di gustare la rara specialità».
Gli squali, come non si stancano di ripetere gli esperti, da noi ci sono sempre stati e vederli non dovrebbe essere una sorpresa. Anzi, se proprio vogliamo definirla sorpresa, va considerata come una di quelle piacevoli, vista l’importanza di questi speciali pesci per la vita e l’equilibrio dei nostri mari, dove però gli squali non se la passano affatto bene, secondo quanto riportati da tutti i dati.
Come sottolinea il GRIS – Gruppo Ricercatori Italiani sugli Squali, razze e chimere, alla luce degli ultimi eventi accaduti recentemente e delle catture di squali in acque italiane – riportati da parte delle maggiori testate giornalistiche nazionali e soprattutto sulla rete dei social, purtroppo spesso in modo molto approssimativo e poco educativo – va ricordato che la pesca rivolta ai pesci cartilaginei è attualmente normata dalla legislazione dell’Unione Europea, con possibili sanzioni pecuniarie amministrative, nonché penali.
La cattura di questi animali, infatti, se intenzionale o inequivocabilmente mirata ad alcune specie, è vietata dal recente regolamento UE del gennaio del 2017 (Reg. UE 127/2017; nel dettaglio agli art. 12, 18, 24, 28 e 30) che sancisce le norme da applicare in materia di elasmobranchi (la sottoclasse a cui appartengono squali e razze, ndr) anche se sono pochi quelli tutelati anche in Mediterraneo come squalo bianco, squalo elefante, smeriglio mentre molti altri sono o dovrebbero essere soggetti a regolamentazioni per quanto concerne la loro cattura.
Per saperne di più sui regolamenti, convenzioni e raccomandazioni internazionali tuttora esistenti segnaliamo anche il sito della FAO.
La difesa degli squali o almeno la loro corretta e sostenibile gestione come risorsa passa anche attraverso la comunicazione e la divulgazione, per aumentare la consapevolezza anche tra i pescatori ricreativi non solo di quali sono le specie protette ma anche dell’importanza degli elasmobranchi nell’ecosistema e della necessità di tutelarli. Questo per sensibilizzarli alla liberazione di tutti i pesci cartilaginei e, in caso di individui ormai morti, e a fornire ai ricercatori almeno i dati di cattura, importanti per la ricerca in merito alla distribuzione di queste specie.
Questo è sicuramente un problema a livello globale, prova ne sia il recentissimo e interessante articolo che prende in considerazione proprio le catture “proibite” dei pescatori ricreativi negli Stati. Infine, ricordiamo che il lavoro completo è disponibile sulla rivista “Fisheries Research”.
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