Lo spiaggiamento a inizi dicembre di un capodoglio sulle coste dell’isola di Harris, nell’arcipelago scozzese delle Ebridi, ci dà lo spunto per fare una riflessione sull’inquinamento del mare.
Giunto vivo sull’arenile, nonostante gli sforzi delle autorità locali e degli esperti dello Scottish Marine Animal Stranding Scheme, il cetaceo non è riuscito a sopravvivere e quindi, dopo la sua morte, i biologi marini hanno effettuato un’autopsia per verificare le cause del decesso.
Compromessa la capacità di digerire
Andrew Brownlow, che ha eseguito le indagini sullo stomaco, è rimasto senza parole per ciò che è stato rinvenuto. Il capodoglio, infatti, aveva uno stomaco stritolato da oltre 100 chilogrammi, ovvero oltre un quintale, di rifiuti ingeriti.
Aldilà dei bicchieri di plastica e di altri residui della nostra vita quotidiana, il danno peggiore l’hanno fatto le reti da pesca, le cime in nylon, gli ami e le lenze e, in particolare, le corde dell’allevamento dei mitili. Il ricercatore scozzese ha evidenziato che la quantità di rifiuti plastici presenti nello stomaco del capodoglio ha compromesso la funzionalità digestiva di questo grande cetaceo, portandolo al decesso.
Rifiuti indistruttibili
Circa un quarto delle specie di cetacei del mondo transitano nelle acque delle isole Ebridi, che costituiscono, per questa ragione, un hot spot unico e delicatissimo.
Purtroppo gli studi pluriennali condotti dai ricercatori scozzesi hanno evidenziato che le ferite, anche superficiali, prodotte da corde e reti sui cetacei sono diventate sempre più frequenti, passando dai 204 individui feriti del 2008 agli oltre 930 del 2018.
Sebbene oggi la sensibilità e l’attenzione dei pescatori sul problema dell’abbandono delle attrezzature ittiche in mare sia cresciuta, il problema rimane a causa di tutti quei rifiuti – praticamente indistruttibili – accumulati in decenni di sfruttamento selvaggio.
I dati relativi alla morte dei cetacei nel mondo sono sempre più imputabili alla presenza di rifiuti di plastica nel mare. Specie come il capodoglio, che con l’eco-locazione cacciano negli abissi oceanici alla ricerca dei grandi calamari, sovente restano ingannate dai propri sonar che le inducono ad ingerire oggetti di plastica, confusi per prelibate prede.
Anche per questo, con l’arrivo del nuovo anno, dobbiamo convincerci che la battaglia contro la plastica nel mare va vinta il più velocemente possibile e, perciò, ciascuno di noi deve fare la sua parte.
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