La notizia del lungometraggio Gunda, in bianco e nero prodotto da Joaquin Phoenix, è recentissima. L’attore, da sempre in prima linea nella battaglia per i diritti degli animali, è stato la voce narrante di documentari di grande impatto come Earthlings e Dominion.
Gunda è il nuovo documentario del regista Victor Kossakovsky già conosciuto per il suo precedente film Aquarela in cui pone al centro dell’attenzione la fragilità del nostro ‘mandato’ in veste di Homo sapiens su questa terra. Con Gunda il tema è diverso, Kossakovsky vuole ricordarci che la nostra specie condivide il pianeta con miliardi di altri esseri e lo fa raccontandoci sapientemente la storia dalla prospettiva di una mamma scrofa (che dà il nome al lungometraggio) e dei suoi cuccioli, di due mucche “ingegnose” e di una gallina a cui manca una zampa.
Un lungometraggio che fa riflettere
Il trailer di Gunda, disponibile sul sito ufficiale del film, si apre con i suoni della natura, nessuna voce narrante, nessuna colonna sonora e interamente in bianco e nero. I veri protagonisti sono gli animali: gli sguardi di intimità tra una scrofa e i suoi piccoli pieni di vita e di curiosità verso il mondo che li circonda.
Le parole e i colori non servono quando a parlare ci sono i sentimenti degli animali, animali che nella quotidianità sono reclusi per soddisfare le nostre esigenze alimentari, ma che in questo prezioso lungometraggio possiedono ciò per cui ogni individuo si batte: libertà e diritto alla vita. I protagonisti del film sono infatti liberi di soddisfare le proprie esigenze in un idilliaco paesaggio norvegese: possono sentire la terra sotto le zampe, la pioggia sui loro corpi, il profumo dell’aria e prendersi cura della prole, diritti fondamentali che vengono loro negati dall’industria della carne.
Gunda, di Victor Kossakovsky. Il trailer
«Gunda offre una prospettiva affascinante sulla sensibilità all’interno di specie animali, che normalmente – e forse di proposito – è tenuta nascosta alla nostra vista» spiega Phoenix. E forse, è proprio così che stanno le cose. Potremmo scoprire che i sentimenti di orgoglio, e le manifestazioni di devozione, di curiosità e di panico dei maiali filmati da Kossakovsky non sono poi così diversi dai nostri «e confermano come tutte le specie reagiscono e affrontano gli eventi in modo analogo» continua Phoenix.
Si tratta senza dubbio di un documentario che ci fa riflettere sulle barriere profondamente radicate nella nostra cultura che ergiamo nei confronti di animali a cui assomigliamo più di quanto vogliamo ammettere. È forse così disonorevole trovare punti di contatto con altre specie? A voi la risposta.
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