Quando si parla del capodoglio (Physeter macrocephalus) tutti noi abbiamo la percezione di un animale gigantesco privo di predatori capaci di attaccarlo, a parte naturalmente i calamari giganti. Non è così.
Jared Towers e Nicolas Gasco alcuni mesi fa hanno pubblicato sulla rivista Polar Biology uno studio di grande valore etologico.
Nel periodo compreso tra il 1997 e il 2019 hanno, infatti, osservato alcuni comportamenti predatori davvero incredibili ai danni dei capodogli da parte delle ossifraghe, uccelli marini della famiglia dei Procellaridi che vivono nell’emisfero Australe.
Capodogli e ossifraghe, pur essendo animali solitari, si concentrano periodicamente in grande numero nelle acque della Patagonia in occasione dell’arrivo dei pescherecci che si dedicano alla cattura del moro oceanico (Dissostichus eleginoides). Si tratta di un pesce simile al merluzzo che finisce sui banchi ittici e negli scaffali dei surgelati con il nome di spigola cilena, dentice della Patagonia o austromerluzzo.
I capodogli sono noti per la loro opportunistica attività di caccia svolta direttamente sui palangari, ovvero le attrezzature di pesca dei pescherecci.
Quello che ha sorpreso non poco i ricercatori è che mentre i capodogli emergono per rifiatare dopo aver fatto razzia, le ossifraghe di Hall (Macronectes halli) e le ossifraghe Giganti del Sud (Macronectes giganteus) si fiondano sui cetacei attaccandoli sul dorso e procurando loro dolorose lacerazioni sulla pelle. Un fastidioso inconveniente al quale i capodogli rispondono con ripetute piroette, immersioni e rotazioni del corpo per tentare di liberarsi del problema.
Naturalmente, questa sorprendete attività predatoria non potrà mai portare alla morte del capodoglio, ma per le ossifraghe, grandi uccelli pelagici dotati di un becco robusto e tagliente, questa costituisce senza dubbio un’opportunità per saziare l’appetito!
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