In mezzo a tante guerre e stragi umane, arriva dall’Australia la notizia di un prossimo massacro di animali: il previsto abbattimento di 16.000 cavalli selvatici nel grande Parco Nazionale di Kosciuszko, nel Nuovo Galles del Sud.
L’obiettivo delle autorità è di ridurre la popolazione di “brumbies” – così sono chiamati i cavalli selvatici derivati da quelli domestici importati in Australia dai coloni europei nel XVIII secolo – a soli 3.000 esemplari entro il 2027, rispetto agli attuali 19mila.
Il costante boom demografico di questi quadrupedi, che la legge australiana considera come specie alloctona dannosa, ha infatti messo in pericolo numerose specie autoctone della flora e fauna locali, già ampiamente minacciate dall’ introduzione di altre di specie aliene. In particolare a essere in pericolo sarebbero alcune specie autoctone delle Alpi australiane, tra cui almeno 25 specie di flora e 14 specie di fauna, tra cui l’endemica rana corroboree (Pseudophryne corroboree), il ratto dai denti larghi (Mastacomys fuscus) e alcune rare orchidee montane.
Previste uccisioni con cecchini dagli elicotteri
I cavalli provocano, infatti, vari impatti su queste e altre specie a causa del loro continuo calpestio, del sovrapascolo, dell’erosione del suolo, della contaminazione delle pozze d’acqua e della distruzione delle tane.
Peraltro, per eseguire gli abbattimenti il governo federale del Nuovo Galles del Sud ha deciso di utilizzare una tecnica particolarmente invisa all’opinione pubblica, ovvero sparando dal cielo, tramite cecchini appostati sugli elicotteri. La tecnica era stata già impiegata per ammazzare altri 600 cavalli (in soli tre giorni) nel 2000, ma fu presto bloccata a causa delle asprissime polemiche che suscitò nella Terra dei canguri.
Da alcuni anni, tuttavia, si pensava di riprendere le uccisioni dal cielo; ora, dopo il parere positivo della commissione scientifica competente, è arrivato il sì definitivo da parte di Penny Sharpe, ministro dell’Ambiente del Nuovo Galles. Il politico ha anche ammesso di essere consapevole dell’impopolarità di tale decisione, aggiungendo di essersi immedesimata «in coloro che si sentono angosciati dal fatto che dobbiamo intraprendere programmi di controllo». Ma ha aggiunto che non ci sono alternative; tutte quelle che sono state esaminate non sono state ritenute adeguate a raggiungere il numero di cavalli compatibile con la salvaguardia degli ecosistemi minacciati.
Ora questa notizia è interessante e delicata non solo per le questioni ecologiche e di gestione delle specie problematiche che solleva, ma soprattutto per i numerosi aspetti, anche emotivi, che suscita in chi la apprende.
Uno è sicuramente legato all’immagine della specie dannosa, ovvero i cavalli, che invece nel nostro immaginario hanno una connotazione nobile e positiva.
L’altra è quella del modo brutale con cui si è deciso di abbatterli; possibile che davvero non esista un’altra soluzione, per esempio la loro traslocazione in zone meno delicate?
Peraltro si tratta in effetti di una specie estranea all’ecosistema australiana, sebbene ormai presente in esso da quasi due secoli, che rischia di portare all’estinzione delicatissime specie autoctone.
Difficile dunque rimanere distaccati da una questione di questo tipo. Che in tutti i casi ci fa vedere come, quando l’uomo agisce con leggerezza nell’ecosistema, per esempio introducendovi una specie estranea, poi è sempre difficile rimediare.
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