Chi desidera impossessarsi del mondo e operare [in maniera distintiva] su di esso, io lo vedo fallire. Il mondo è un utensile sacro, su cui non è possibile operare. Coloro che vi si adoperano lo rovinano, coloro che lo afferrano lo perdono.
Lao-Tzu, Tao Te Ching
È evidente ormai che gli Antichi avessero una percezione migliore della nostra per quanto riguarda il rapporto con la Natura ed è fuori discussione che noi, abitanti moderni abituati al divano, abbiamo smarrito le nostre origini ancestrali; solamente pochi popoli ancora liberi e incontattati hanno nel corso dei secoli mantenuto una comunicazione costante e viva con la Natura. Ci chiediamo mai il perché?
Le risposte potrebbero essere diverse, numerose e valide; ma in effetti molti aspetti derivano da un unico grande problema: il potere. Quasi sempre l’uomo ha voluto ottenere e mantenere il potere su tutto e tutti, perciò ha preteso nel tempo di dominare anche la Natura, gestirla e sfruttarla per i suoi scopi e interessi che vanno in un’unica direzione: il progresso materiale ed economico di una parte della cosiddetta civiltà. Questo dominio non deve stupire, è secolare ormai e in particolar modo l’uomo ha sempre considerato il mondo un suo possesso, una sua prerogativa, un suo diritto. Anziché considerarlo come un dono, l’uomo ha sempre visto il mondo come una grande sacca da spremere fino alla fine.
Fortunatamente proprio dal passato sono giunti fino a noi dei messaggi fondamentali, che dovrebbero costituire un patrimonio dell’umanità per poter meglio cogliere gli aspetti decisivi per la vita sul nostro pianeta; è il caso appunto delle parole qui proposte, estratte da un testo di Lao-Tzu.
Potremmo inventarci ogni cosa che possa essere il più ecosostenibile possibile, ma la via per salvarci rimane solo una: cambiare approccio con il nostro mondo e quindi, in profondità, anche cambiare approccio con noi stessi.
Il mondo non può essere più visto come oggetto da cui trarre solo risorse in modo irresponsabile, ma è un utensile sacro, che non potrà essere di nessuno, poiché creato con il fine di essere una casa comune, in condivisione, su cui non è possibile operare, per il semplice fatto che con il mondo, con la nostra Madre Terra, dovremmo cooperare e non operare su di essa. La differenza è tutta qui, tra chi sfrutta la Natura, usurpandola, operando e chi invece la ama, ne condivide le gioie e i doni e con essa coopera.
Basta guardarsi attorno per accorgerci che coloro che vogliono afferrare il mondo in realtà lo perdono, poiché ne sono quasi ossessionati e non seguono le leggi della Natura, ma quelle del mercato; hanno perso in partenza, anche se agli occhi della società possa sembrare la strategia vincente. Dovremmo tutti aprire gli occhi: quando andiamo al cinema e vediamo che gli abitanti indigeni blu di un pianeta lontano soffrono per l’invasione subita dagli uomini che deturpano il loro mondo per una risorsa mineraria che vale miliardi, ebbene, tutti siamo presi da compassioni per gli amici blu, ne condividiamo la sorte e desideriamo per loro riscatto, volendo salvaguardare il loro mondo. Questo però solo al cinema. Dal momento che, invece, quando con difficoltà riescono a giungere fino a noi le notizie spaventose di quello che molte popolazioni indigene stanno subendo ad esempio dai cercatori d’oro illegali, nessuno fa nulla, se non un sospiro sul divano; nessuno rimane sconcertato come invece succede guardando il film. Perché?
L’empatia è una virtù che dobbiamo imparare a vivere, per poter cogliere la bellezza umana e del Creato intorno a noi; cosa fare dunque? Forse l’unica cosa sensata: ascoltare la Natura.
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