Negli anni ’50 del secolo scorso, lo scrittore ed esploratore anglo-boero Laurens van der Post trascorse diversi mesi tra i Boscimani del deserto del Kalahari, uno tra i popoli indigeni più isolati al mondo. Egli racconta di quanto essi fossero scioccati dal fatto che il loro ospite bianco non riuscisse a “sentire le stelle”.
All’inizio pensavano che stesse scherzando o mentendo. Quando si accorsero che non poteva davvero sentire le stelle, conclusero che doveva essere molto malato e manifestarono grande dolore. Perché i Boscimani sapevano che chi non sente la natura deve avere la malattia più grave di tutte.
La disconnessione dalla Madre Terra e dal Padre Cielo, ovvero dal Creato attorno a noi.
Per quasi tutto il tempo che gli esseri umani sono stati sul pianeta, le conversazioni regolari con la natura e con le sue creature, ovvero con tutti gli esseri oltre il confine della nostra specie, sono state una parte normale della vita quotidiana.
Purtroppo da pochi secoli abbiamo costruito un mondo e una società in cui la maggior parte delle persone ha difficoltà ad avviare una simile conversazione. Ma soprattutto, fatto ancor più grave, non sembrano neppure più interessate a instaurare tale dialogo.
Forse è perché fin da piccoli ci hanno insegnato a percepire la natura come separata, un oggetto senza vita, una sorta di gadget non indispensabile, un accessorio, quando non una vera e propria merce importante solo per la sua utilità economica e funzionale. La natura “che serve”.
Eppure questa percezione errata e la conseguente scelta di allontanarci volontariamente dalla natura sembra essere alla base di molti dei nostri mali culturali e probabilmente anche di molti tra quelli psico-fisici.
L’uomo sta diventando una specie solitaria, come la definisce la scrittrice Lucy Jones, l’unica tra le creature della Terra che si è disconnessa volontariamente dai suoi habitat originari, creandone di artificiali; sicuramente più comodi, forse per certi aspetti più sicuri, ma ad un prezzo altissimo di perdita della propria identità profonda e, di conseguenza, della nostra forza e salute.
“Sindrome da disconnessione dalla natura” la definiscono gli ecopsicologi. Più semplicemente l’originale capacità dell’umanità di percepire la “SENZIENZA” della Terra, la consapevolezza di essere tutti collegati tra di noi e con tutte le creature del Pianeta. Una percezione fondamentale per la nostra sana sopravvivenza e, forse, anche per una buona e completa evoluzione della vita sulla Terra.
È vero che il nostro pianeta andrebbe avanti comunque, anche senza di noi, ma non sarebbe lo stesso.
Il desiderio, a volte la nostalgia, di riprendere la conversazione e il collegamento con la natura che sempre più persone avvertono è dunque un impulso sano, che va ascoltato. E forse è anche quel rapporto che il mondo naturale desidera ripristinare con noi, ad un nuovo livello di consapevolezza.
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