Caro Direttore e cari Lettori, mi scuso con tutti per la deleteria situazione in cui mi presento a voi questa volta! Ma penso che possa essere un efficace messaggio per ribadire quali sono i rischi, se non si rispettano alcune regole basilari, che vi ho proposto in vari miei articoli.
Vi tranquillizzo subito, ora sono a casa, un po’ acciaccato, ma in via di guarigione, alla tastiera del computer.
La cronaca dei fatti: la mattina di Pasqua, sapendo che la mia famiglia avrebbe facilmente fatto a meno della mia presenza, scelgo uno dei miei itinerari preferiti di pianura, dove andare da solo con la mia fida bici, a sgranchirmi le gambe in tranquillità, approfittando dell’occasione, per scattare qualche foto al rigoglioso incedere della natura in questo periodo. Quando vado da solo in pianura a zonzo in bicicletta, reputo di non espormi ad alcun pericolo e lascio il casco nell’armadio.
Parcheggiata l’auto, parto da Colorno (PR) direzione Sanguigna, Sacca e Sacchetta, per raggiungere Brescello e Guastalla. Sono stradine che conosco meglio delle mie tasche, potrei descrivere ogni filo d’erba lungo il mio tragitto. Arrivato nei pressi di uno dei tanti dissuasori spalmati sulle stradine delle frazioni di Colorno, lo affronto reggendo il manubrio con una mano sola, contravvenendo ad una mia regola fondamentale. Neanche il tempo di dire caspita, che la ruota anteriore s’intraversa e perdo rovinosamente l’equilibrio finendo a gambe all’aria. Da quel momento, black out totale: non mi ricordo come sono caduto, quanto sono rimasto a terra, chi mi ha soccorso, chi mi ha trasportato.
Ho soltanto avuto uno spiraglio di lucidità in elicottero, fornendo a qualcuno, il numero di cellulare di mia moglie per avvertirla. Poi mi sono risvegliato in ospedale mentre mi praticavano le prime cure.
Consuntivo: la bici non ha subito gravi danni ed è stata portata dai miei soccorritori, in un posto di pubblica assistenza, dove mia moglie l’ha recuperata.
Io ho rischiato la pelle, ma mi è andata bene, ho la testa dura, ma ne avrò minimo per un mese, prima di tornare alle mie attività.
Mai come in questo caso mi rintocca in testa il detto: la confidenza porta all’irriverenza.
Il destino ha voluto che nel letto d’ospedale accanto al mio ci fosse un altro ciclista, investito da un Suv, con una vertebra rotta. Anche lui se la caverà in un mese dopo l’operazione per stabilizzare la vertebra.
La differenza fondamentale fra di noi consiste nel fatto che il mio compagno di stanza pedalava regolarmente e con il casco bel allacciato in testa, quando un’autovettura, superatolo, gli ha repentinamente tagliato la strada per parcheggiare sulla destra. Il sottoscritto invece, era senza il casco e ha fatto tutto da solo.
Certamente, d’ora in poi, il casco starà in testa ben allacciato e prima di staccare la mano dal manubrio, farò un approfondito check up della situazione, oppure mi fermerò sul bordo della strada.
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