Un progetto che prevede la costruzione di 40 dighe nel cuore dall’Amazzonia sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene e la biodiversità di questa area unica del nostro Pianeta.
La più grande di queste dighe dovrebbe sorgere sul fiume Tapajos, nello stato centro-brasiliano del Parà. La costruzione, qualora dovesse venire ultimata, avrebbe un’altezza di 53 metri e sarebbe lunga oltre sette chilometri e mezzo. A pieno regime, la diga Sao Luiz do Tapajos avrebbe una capacità di ottomila megawatt.
La costruzione metterebbe a serio repentaglio la vita dei 14.500 indigeni, la cui sopravvivenza è legata a doppio filo alla tutela del fiume.
Greenpeace: “Minacciati dal profitto”
L’associazione ambientalista Greenpeace è subito scesa in campo per chiedere che il progetto venga accantonato. Secondo Greenpeace, infatti, il profitto delle compagnie internazionali coinvolte nel progetto sarebbe stato favorito a scapito dei diritti degli indigeni.
In un primo momento, tra i nomi delle compagnie interessate era comparso anche quello di Enel, ma la società italiana parrebbe aver ritirato la proposta.
Anche l’ambiente pagherebbe un caro prezzo: la costruzione della maxi diga porterebbe a un notevole rilascio di metano.
Intanto, l’Istituto brasiliano delle risorse naturali rinnovabili e ambientali (IBAMA) ha temporaneamente bloccato la realizzazione del progetto.
Quali sarebbero le alternative
Eppure, le alternative alla costruzione della maxi diga non mancano. Greenpeace riferisce che, con una combinazione di energia eolica, solare e prodotta dalle biomasse il Brasile potrebbe fare a meno delle dighe in Amazzonia.
Infine, resta da valutare un aspetto niente affatto secondario: la portata dei fiumi amazzonici si è ridotta a causa del cambiamento climatico. La diga riuscirà a produrre la quantità di energia prevista?
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