Qualcuno vivrà ancora a Venezia nel 2100? Si troveranno soluzioni per far sopravvivere la città al progressivo innalzamento del mare, che lo scorso novembre ha toccato un picco record di marea di 188 centimetri, o la popolazione sarà costretta a trasferirsi in massa? A questa e a molte altre domande cerca di rispondere il progetto europeo SAVEMEDCOASTS (Sea Level Rise Scenarios along the Mediterranean Coasts), nato proprio con l’obiettivo di prevenire gli effetti dell’aumento del livello marino globale sulle coste del Mare Nostrum.
Preparare le comunità a rischio
Lo scorso 15 gennaio a Roma, presso la sede di Roma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, i partner di vari Paesi europei si sono incontrati per sancire ufficialmente il via della seconda fase operativa del progetto, che punta a sensibilizzare le comunità costiere sugli effetti dell’aumento del livello marino in zone specifiche del Mediterraneo, integrando quindi le proiezioni climatiche nella gestione dei disastri naturali.
Cambiamenti climatici e subsidenza, mix pericoloso
«In questa seconda fase – ha spiegato Marco Anzidei, ricercatore INGV e coordinatore del progetto – gli sforzi saranno concentrati su alcuni dei principali delta fluviali e zone lagunari del Mediterraneo, dove la subsidenza naturale e antropica accelera gli effetti dell’ingressione marina, con conseguenti maggiori rischi di sommersione di tratti costieri ad alto valore naturale ed economico ed effetti a cascata sulle attività umane».
Scenari multi-temporali
Poiché gli effetti esercitati da mareggiate, alluvioni, erosione costiera e tsunami saranno amplificati con un livello marino più alto di quello attuale, SAVEMEDCOASTS si propone di mitigare questi rischi, fornendo scenari multi-temporali dell’ingressione marina per i prossimi decenni, preparando le persone e i soggetti politici ad affrontare questi cambiamenti anche attraverso campagne di sensibilizzazione ed educazione mirate.
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