Gli agricoltori della Contea di Franklin, in Texas, stanno combattendo contro i mulini a vento. Ma non si tratta di mostri immaginari, come nel romanzo “Don Chisciotte della Mancia”, ma di pale eoliche e pannelli solari. La questione travalica i problemi locali e apre un controverso dibattito sull’uso del suolo. In un Pianeta dove il consumo di suolo diventa sempre più allarmante e ha superato la soglia dei 2 mq al secondo di terreno naturale che viene perso, c’è un aspetto dell’utilizzo del terreno disponibile che impatta sull’agricoltura e su tutta la catena alimentare, ovvero l’installazione di impianti fotovoltaici a terra e di pale eoliche che, dal punto di vista economico, rendono di più della produzione agricola.
Cibo o energia?
La vicenda si svolge in uno Stato, il Texas, tradizionalmente produttore di energia. Con la transizione energetica dal petrolio alle fonti rinnovabili, sempre più società di energia solare ed eolica si espandono sui terreni agricoli del Texas. Gli agricoltori si oppongono e cercano di tenere fuori le aziende dell’energia dai propri terreni.
Nella Contea di Franklin gli abitanti sono preoccupati per l’economia locale e per i potenziali danni ambientali causati dagli impianti di energia rinnovabile e sostengono una proposta di legge che imporrebbe norme più stringenti sulla produzione di energia solare ed eolica.
Il Texas è in testa negli USA per la produzione di energia eolica ed è vicino ai primi posti per quella solare, ma ha poche regolamentazioni sull’energia rinnovabile.
Le comunità rurali del Texas chiedono l’approvazione della legge 624 del Senato, che richiederebbe al Dipartimento dei Parchi e della Fauna selvatica del Texas di valutare l’impatto ambientale dei progetti eolici e solari, richiederebbe agli sviluppatori di energia rinnovabile che gli impianti siano costruiti ad almeno 30 metri dai confini della proprietà e a 60 metri dalle abitazioni.
Terreni che fanno gola
Sono solo 11.000 abitanti, ma i vasti spazi aperti della loro contea fanno gola alle aziende energetiche.
Le motivazioni che i cittadini di Franklin – un nome che oggi sembra una beffa – oppongono alla produzione di elettricità sul proprio territorio sono diverse e disparate:
- i progetti possono richiedere l’abbattimento di alberi e la raschiatura di erbe
- il blocco della fauna selvatica con recinzioni
- le batterie di stoccaggio possono incendiarsi
- le turbine eoliche possono uccidere uccelli e pipistrelli
- i parchi solari richiedono l’installazione di infrastrutture su ampie aree di terreno sottratto all’agricoltura, agli allevamenti di bestiame e a praterie a pascolo
- la distruzione di zone umide che ospitano le iconiche aquile calve americane
I sostenitori dell’ambiente concordano sul fatto che sia preferibile evitare di consumare terreni naturali o agricoli e di collocare i progetti solari ed eolici su terreni già antropizzati.
Gli oppositori ai parchi eolici e solari hanno un simpatizzante d’eccezione, Michael Pickens, nipote del defunto magnate del petrolio texano. Pickens, molto pragmaticamente, chiede che le Compagnie energetiche paghino almeno le tasse per le linee elettriche che attraversano la Contea.
«Molti cittadini non si rendono conto di quanto sta succedendo al nostro territorio» commenta un agricoltore che ha assistito allo sgombero di terreni agricoli per far posto a pannelli solari e turbine eoliche. «Soprattutto chi vive in città, non ci pensa. È come dire: “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”».
Rendimenti economici superiori
Non si può negare che anche la piccola comunità di cittadini sia spaccata. Ma non su valutazioni di carattere ambientale, ma perché le aziende energetiche stanno devolvendo piccoli pagamenti in denaro ad alcuni proprietari come riconoscimento del fatto che devono vivere accanto a un sito industriale. Alcuni accettano di affittare il proprio terreno, con rendimenti che superano quelli dell’attività agricola. In cambio, ottengono la promessa che il terreno verrà restituito in condizioni sane quando si chiuderà la produzione di energia solare.
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