In Natura, sopravvive chi si adatta meglio ai cambiamenti. Nello scenario di un cambiamento climatico che, a causa del riscaldamento globale, metterà sicuramente in difficoltà l’umanità, quali saranno le conseguenze sugli animali? Chi meglio si adatterà al nuovo clima?
Per rispondere a questo interrogativo, i ricercatori della Michigan State University hanno monitorato la fauna nel Mojave, un’ecoregione desertica della California, che in un secolo ha registrato un incremento della temperatura media di 2 °C.
I risultati dicono che il numero di uccelli e la loro biodiversità sono diminuiti, mentre i piccoli mammiferi stanno resistendo meglio. Il segreto dei “vincenti” sembra essere uno stile di vita prevalentemente notturno e una capacità di sfuggire al calore scavando nel terreno o cercando l’ombra delle rocce.
Cambiamento climatico: vincitori e perdenti
Finora si supponeva che il cambiamento climatico minacciasse mammiferi e uccelli in modo simile, perché entrambi hanno bisogno di mantenere stabile la propria temperatura corporea. «Ma ci sono chiaramente vincitori e perdenti» spiega Elise Zipkin, ecologa alla Michigan State University.
Il riscaldamento del clima ha colpito anche le specie di uccelli adatte al clima arido e desertico del Mojave: ogni luogo esaminato aveva perso più del 40% delle specie, come il gheppio americano o la quaglia di montagna. Nella maggior parte dei siti, anche le specie rimanenti erano numericamente più scarse.
Ma lo studio condotto dall’ecologista fisiologico Eric Riddell, della Iowa State University, racconta una storia più promettente per ratti, topi, scoiattoli e altri piccoli mammiferi. Dall’indagine risulta che 3 specie sono diminuite, 27 sono rimaste stabili e 4 sono aumentate di numero.
Per scoprire perché gli uccelli siano più vulnerabili, Riddell ha passato 2 anni a misurare il trasferimento di calore e l’assorbimento della luce nelle piume di esemplari da museo di 50 specie di uccelli del deserto e 24 piccoli mammiferi. Ha poi usato questi numeri per creare un modello matematico per valutare gli effetti sulla temperatura corporea dell’animale in diverse condizioni di temperatura. Per mantenersi freschi, gli uccelli devono consumare energia, per esempio dilatando i vasi sanguigni per far evaporare l’umidità dalle gambe o dalla bocca.
Il dispendio energetico del raffreddamento negli uccelli è più di tre volte superiore a quello dei mammiferi. La maggior parte dei piccoli mammiferi, infatti, si rifugia sottoterra durante le parti più calde della giornata. Questo comportamento aiuta anche quei mammiferi, come i topi selvatici, che non sarebbero particolarmente adattati alla vita nel deserto. Al contrario, molti uccelli sono esposti a tutte le conseguenze del riscaldamento globale.
Un mondo sempre più inospitale
Lo scenario è preoccupante, perché potrebbe essere analogo nei deserti di tutto il mondo. Il cambiamento climatico, quindi, rappresenta una minaccia per gli ecosistemi del deserto tanto quanto per quelli dell’Artico.
I risultati contengono anche un avvertimento per gli esseri umani. Anche se l’uomo, grazie al meccanismo di sudorazione, ha una maggiore capacità di raffreddarsi rispetto agli uccelli, va considerato che il raffreddamento evaporativo funziona solo se l’aria è abbastanza secca da assorbire acqua. In condizioni di alta umidità, il sudore gocciola dal nostro corpo invece di evaporare, il che significa che non ci sta raffreddando. Si prevede che alcuni luoghi diventeranno più caldi e umidi con il riscaldamento globale, il che significa che i nostri sistemi di regolazione termica potrebbero essere messi in crisi. E sempre più aree del mondo diventeranno inospitali per l’uomo.
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