Le piogge primaverili e i primi innalzamenti di temperatura portano nuova vita in stagni, laghetti e torrenti: molte sono le specie di anfibi che giungono ai loro siti di riproduzione accoppiandosi e deponendo le migliaia di uova che daranno origine alle nuove generazioni.
Tra le tante specie italiane, con la sua splendida livrea a macchie gialle su sfondo nero, spicca la salamandra pezzata (Salamandrasalamandra).
Anche se con popolazioni frammentate nel nord Italia e negli Appennini rimane, comunque, un anfibio abbastanza comune in tutto il territorio: purtroppo, non mancano le minacce rappresentate principalmente dall’uomo (che danneggia irrimediabilmente i siti di riproduzione o le vie di accesso ad essi) e dalle infezioni causate da funghi o batteri ai quali questi animali sono molto sensibili.
I colori nascondono un segreto
Ritornando alla brillante colorazione della salamandra, va detto che non è assolutamente casuale. Infatti, rappresenta un forte segnale di pericolo per gli altri animali, attraverso il quale la salamandra comunica la sua tossicità (fenomeno che prende il nome di aposematismo).
Infatti, possiede ghiandole sottocutanee in prossimità del dorso e ai lati della testa che producono una tossina (la salamandrina) in grado di irritare le mucose di eventuali predatori che tentassero di aggredirla.
Nel caso in cui la colorazione non dissuadesse l’eventuale predatore dall’attaccare, la salamandra pezzata nasconde un asso nella (pelle) manica!
Se provocata bruscamente riesce a spruzzare il suo veleno anche fino a 2 metri di distanza, orientandolo verso l’aggressore.
Per l’uomo rimane comunque un animale innocuo a patto di non mettere le mani in bocca o strofinarsi gli occhi dopo averla toccata. Azione assolutamente sconsigliata da fare a mani nude, al fine di scongiurare ogni possibile contaminazione da batteri o sostanze dannose per la delicata cute dell’animale.
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