Il risveglio nel rifugio porta il profumo del caffè e il rumore del bestiame che pascola tutt’intorno. Il percorso di oggi inizia con una tappa quasi obbligata a poca distanza dal rifugio: “s’elihe de Tureddu”, il leccio di Tureddu. La pianta in questione, cresciuta a ridosso del fiume, appoggiata a un grosso blocco calcareo, spicca per forma e dimensioni. Le ramificazioni del tronco, protese e riflesse sull’acqua, conferiscono al grande leccio le sembianze di una creatura mitologica, che nella mente di ognuno assume forme diverse.
Leggi qui il racconto della prima tappa dell’escursione
Dopo una breve sosta entriamo nell’omonimo fiume, su “riu de Tureddu”, un affluente della “codula manna”, il corso d’acqua principale che scomparendo e riaffiorando dalle rocce solca l’intero territorio. Il percorso si evolve verso valle passando dagli spigolosi lastroni di scisto di cui è costituito il substrato basale ai levigati ciottoli di calcare che formano grandi distese da cui si ergono tassi e lecci secolari.
Quasi tutto il percorso gode di una piacevole ombra e le temperature sono leggermente più basse della media. Con una certa sorpresa troviamo uno splendido esemplare di Rosa peonia ancora in fiore. Complice il microclima della zona, la Rosa peonia o Peonia di Moris (Paeonia morisii), fa sfoggio del suo abito migliore in una fioritura tardiva. Il rosa intenso dei petali regala una piacevole anomalia cromatica all’oceano verde che ci circonda. Questa specie è un endemismo sardo-corso presente nelle zone montuose più elevate delle isole.
Procedendo lungo il letto del fiume arriviamo a un bivio. Qui l’affluente si incontra con il corso d’acqua principale, che decidiamo di risalire per completare un tracciato ad anello. Lungo il percorso ci imbattiamo in un altro endemismo ancora più raro e localizzato: l’Aquilegia barbaricina. Questa esile pianta della famiglia delle ranuncolacee cresce in pochissime stazioni del Gennargentu e del Supramonte di Orgosolo, prediligendo gli angoli più ombrosi e umidi. Il fiore bianco e lo stelo sottile donano alla pianta una delicata eleganza che appare quasi contrastante con l’asprezza del paesaggio.
L’esplosione di colore si conclude con dei veri e propri cespugli di Digitalis purpurea, o digitale rossa, una pianta officinale inconfondibile per le grandi infiorescenze di colore fuxia con screziature bianche. I glicosidi presenti nelle sue foglie hanno importanti effetti sul cuore e vengono utilizzati nelle terapie per l’insufficienza cardiaca. Le stesse sostanze, se assunte in dosi eccessive possono essere molto pericolose e causare gravi disturbi cardiaci.
Ci fermiamo un’ultima volta ad ammirare queste splendide fioriture immerse nel verde della foresta millenaria.
L’escursione finisce con una breve sosta in prossimità dei “pinnettos” di Vadu’e s’Eni.
Il nostro fuoristrada si allontana dall’oceano verde della foresta primaria. Facciamo ritorno alla vita quotidiana, con i colori e i profumi del Supramonte nel cuore.
Un ringraziamento particolare ai compagni di viaggio Sergio, Kecco e Davide.
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