Per il settimo anno consecutivo il contenuto termico delle acque dell’oceano ha segnato un nuovo record. Lo denuncia lo studio “Another year of record heat for the oceans”, pubblicato sulla rivista Advances in Atmospheric Science e firmato da un team internazionale di 24 ricercatori di 16 istituti di ricerca, tra i quali tra cui Simona Simoncelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Franco Reseghetti dell’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).
Nello specifico, il contenuto di calore dell’oceano, stimato tra la superficie e i 2000 metri di profondità, nel 2022 è aumentato rispetto al 2021 di circa 10 Zetta Joule (ZJ), equivalenti a 100 volte la produzione mondiale di elettricità. Per avere un’idea della enormità dell’energia accumulata, basti pensare che 10 ZJ di calore possono mantenere in ebollizione 700 milioni di bollitori da 1,5 litri di acqua per la durata di un intero anno.
I rischi per l’ecosistema
Un dato allarmante che prefigura quale sarà il futuro del mare in un clima in continuo riscaldamento, con livelli sempre più elevati di salinità e un aumento della stratificazione, ovvero la separazione dell’acqua in strati, che può ridurre fino ad annullare gli scambi tra la superficie e le zone più profonde. Ciò può alterare anche il modo in cui il calore, il carbonio e l’ossigeno vengono scambiati tra l’oceano e l’atmosfera, causando la deossigenazione all’interno della colonna d’acqua, con forti rischi non solo per la vita e gli ecosistemi marini, ma anche per gli esseri umani e gli ecosistemi terrestri.
Riducendo la biodiversità marina, si inducono inoltre specie ittiche importanti a spostarsi, provocando situazioni critiche nelle comunità dipendenti dalla pesca e originando un effetto a catena sul modo in cui le popolazioni interagiscono con il proprio ambiente circostante.
È dunque necessario mantenere alta l’attenzione sul riscaldamento globale e sul suo impatto sull’oceano e di conseguenza sull’uomo e sulle attività economiche ad esso strettamente correlate. Un monitoraggio continuo e sistematico resta l’unico modo per comprendere ed essere maggiormente consapevoli delle loro conseguenze e per poter elaborare strategie efficaci di mitigazione e adattamento.
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