La Lega Anti Vivisezione è riuscita a ottenere accesso ai documenti relativi all’autorizzazione del protocollo sui macachi dell’Università di Torino.
L’autorizzazione è arrivata dal Ministero dopo che l’associazione aveva presentato ben due rincorsi al Tar di competenza. «Sebbene dapprima ne avesse negato l’esistenza e, poi, l’accessibilità, grazie al lavoro costante dell’associazione, alla mobilitazione nazionale accolta da molte sigle animaliste e alle oltre 333mila firme raccolte in meno di due mesi, la prima vittoria l’abbiamo ottenuta» spiega l’associazione animalista.
Sospetti fondati
Secondo la Lav, l’accesso ai documenti ufficiali altro non ha fatto che confermare i sospetti avuti fin dall’inizio: a dispetto di quanto riferito dalle fonti accademiche, quello a cui saranno sottoposti i macachi è un esperimento invasivo.
«Il progetto, che è stato denominato “Meccanismi anatomo-fisiologici soggiacenti il recupero della consapevolezza visiva nella scimmia con cecità corticale”, prevede la lunga e dolorosa fase di training sui macachi presso gli stabulari di Parma, esperimenti invasivi con danno alla corteccia visiva e, infine, l’uccisione – aggiunge l’associazione –. I nostri sospetti, quindi, erano fondati».
Cosa accadrà ora
L’autorizzazione all’accesso ai documenti rappresenta un primo, fondamentale passo ma la strada da fare è ancora lunga. «Attualmente, siamo impegnati ad analizzare il protocollo per dimostrare scientificamente, eticamente e giuridicamente che i requisiti richiesti dalla legge non sono rispettati; inoltre, chiediamo ancora più forte la revoca immediata dell’autorizzazione e liberazione di tutti i macachi» conclude la Lav che, per chiedere la liberazione dei primati impiegati nella sperimentazione animale, ha lanciato la campagna “Ci vediamo liberi”.
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