Una scrofa viene uccisa a colpi di martello, inferti per oltre 30 minuti prima che sopraggiunga la morte. Gli operatori usano il pungolo elettrico anche su femmine gravide che manifestano già chiari sintomi di sofferenza e picchiano ripetutamente gli animali con tubi di ferro.
Sono scene da film dell’orrore quelle raccolte nel corso della recente indagine sotto copertura condotta dall’associazione Essere Animali.
Il video, che contiene immagini particolarmente forti, la cui visione è sconsigliata ai più sensibili, è stato girato in provincia di Ancona all’interno di un allevamento di suini destinati alla produzione di prosciutto.
Ora indagheranno le autorità
Le immagini sono state immediatamente consegnate alle autorità competenti che indagheranno sui fatti che – si teme – possano non essere episodi isolati.
Per l’allevamento si configurano il reato di uccisione di animali (art. 544-bis c.p.) e maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.), oltre che specifiche violazioni alla normativa di protezione dei suini. Tra le atrocità commesse c’è, infatti, anche l’agonia di una scrofa uccisa a martellate, in chiara violazione alle disposizioni sull’abbattimento d’emergenza degli animali malati.
«Abbiamo denunciato i responsabili e con una mobilitazione chiediamo alle Istituzioni di revocare le autorizzazioni e disporre la chiusura dell’allevamento – ha spiegato l’associazione animalista –. Riteniamo che le brutalità documentate costituiscano purtroppo la prassi all’interno di questa azienda come confermato anche da alcuni operatori filmati mentre protestano per il trattamento inferto ai maiali».
Chiudere l’allevamento
Oltre alla denuncia, l’associazione ha lanciato una raccolta firme che sarà consegnata alla Procura di Ancona, all’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche, al Ministero dell’Agricoltura e al Ministero della Salute affinché si proceda urgentemente alla chiusura dell’allevamento.
«La giustizia deve fare il suo corso ma di fronte a queste immagini vergognose le Istituzioni devono mandare un segnale forte – ha concluso il sodalizio –. Per questo chiediamo che all’allevamento siano revocate le autorizzazioni e, per i colpevoli di simili crudeltà, l’interdizione dall’esercizio dell’attività. Oggi, infatti, chi viene condannato per maltrattamento può comunque tornare ad allevare o lavorare con animali».
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