Le indagini condotte dalla LAV negli allevamenti di suini italiani mostrano le terribili condizioni nelle quali sono costretti a vivere i maiali impiegati nella produzione di prosciutto DOP, tra cui anche quello di Parma.
Come sono state svolte le indagini
La Lega Anti Vivisezione ha compiuto le indagini all’interno di alcuni allevamenti situati nelle province di Brescia, Mantova e Cremona. In quattro casi, nel materiale video raccolto, è possibile vedere che i suini vengono marcati sulle cosce con il tatuaggio che identifica la carne destinata ad alcuni consorzi.
Le riprese sono state effettuate in Lombardia, una delle 10 regioni italiane abilitate ad allevare suini per la produzione del Prosciutto di Parma, secondo le specifiche DOP.
Tutti gli allevamenti visitati sono intensivi e su scala industriale: ciascuno comprende da 3 a 10 capannoni e ospita complessivamente dai 3.000 ai 10.000 suini.
Cosa accade negli allevamenti
L’immagine che esce dagli allevamenti intensivi è quella di un girone infernale, dove gli animali vivono in spazi angusti, privati delle più basilari cure veterinarie e in ambienti dalla precaria situazione igienica. «Si vedono ratti e topi che corrono all’interno dei capannoni – spiega la LAV –. I maiali, vivendo ammassati, urinano gli uni sugli altri. Feci e urine sono presenti anche nelle mangiatoie e ricoprono il corpo dei maiali».
In alcuni degli allevamenti dove sono state effettuate le riprese, i maiali sono tenuti in recinti talmente sovraffollati che non riescono neanche ad abbeverarsi.
Inoltre, la stragrande maggioranza dei maiali di tutte le età presenti all’interno degli allevamenti ha subito il taglio della coda, pratica illegale nell’UE da oltre 20 anni.
Si tratta di un provvedimento adottato per evitare che i maiali – stressati dalla permanenza in ambienti non idonei – si tormentino la coda a vicenda, arrivando in alcuni casi a morderla e a causare lesioni. Le riprese effettuate mostrano in più di un caso maiali che masticano le zampe e il muso di altri maiali, chiaro segno di malessere.
Anche le cure veterinarie sono spesso del tutto inadeguate, nonostante la legislazione UE preveda che, all’interno degli allevamenti, gli animali malati siano trattati con adeguate cure.
Il giro d’affari del settore
Il Consorzio del Prosciutto di Parma è l’ente responsabile preposto alla Regolamentazione e alla promozione della Denominazione di Origine Protetta (DOP) “Prosciutto di Parma”.
Secondo le cifre rese note dal consorzio, nel 2016 il giro d’affari generato è stato di 1,7 miliardi di Euro. L’intero settore impiega 50mila persone e può contare su 4mila allevamenti di suini, 118 macelli e 150 aziende di lavorazione che trasformano la carne cruda in prodotto finito.
Nel 2016 gli animali macellati sono stati quasi 12 milioni, che sono stati poi veduti sotto forma di 8,7 milioni di prosciutti di Parma interi e 79 milioni di confezioni di prodotto già affettato.
Nonostante oltre i due terzi del Prosciutto di Parma prodotto siano consumati in Italia (68%), l’export gioca un ruolo di primissimo piano: la maggior parte delle esportazioni (61%) è destinata ad altri paesi europei e Francia, Germania, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi e Belgio sono tra i principali importatori. Fuori dall’Unione Europea, gli Stati Uniti sono il principale mercato internazionale (nel 2016 hanno importato 4,5 milioni di chili di prosciutto).
Più consapevolezza
I consumatori sono spesso ignari di quanto avviene nelle catene produttive di ciò che acquistano.
«Ci chiediamo come sia possibile tollerare, non solo per gli animali ma anche per i consumatori di prosciutti, queste condizioni di allevamento: sono questi gli standard delle “eccellenze” che vengono finanziate dall’Unione Europea? – si interroga a seguito dell’indagine Roberto Bennati, vicepresidente della LAV –. Per questo motivo chiediamo al Ministro della Salute e ai responsabili dei servizi veterinari delle Regioni quali controlli sono stati svolti su queste strutture e quali provvedimenti saranno presi. Inoltre, sarebbe interessante sapere in quali supermercati e su quali tavole finirà la carne e il prosciutto dei suini allevati in queste condizioni».
La reazione del consorzio
La replica alle accuse da parte del Consorzio del Prosciutto di Parma non si sono fatte attendere. «Da alcuni anni – scrive in una nota il Consorzio – è in atto una campagna denigratoria e diffamatoria contro il Prosciutto di Parma posta in essere da alcune associazioni animaliste che sistematicamente e a intervalli regolari diffondono immagini scioccanti invitando il consumatore a non acquistare più il nostro prodotto. Lo scopo reale di tale campagna non sembra essere quello di tutelare gli animali, bensì attaccare il buon nome del Prosciutto di Parma». «Il Consorzio – prosegue il comunicato – ribadisce che nessuno dei suoi 145 produttori associati è mai stato denunciato o condannato per maltrattamento di animali e invitiamo caldamente gli autori delle riprese a rendere noti i nomi e a denunciare immediatamente gli allevamenti coinvolti nella loro indagine in modo da permettere alle Autorità competenti di procedere con i dovuti accertamenti». Infine una presa di posizione sui metodi di allevamento: «Il Consorzio condannerà sempre ogni violazione delle più elementari norme sul benessere animale che rappresentano un atto delinquenziale e intollerabile in una società civile».
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