Una tra le mappe più diffuse nelle scuole e nelle facoltà scientifiche di mezzo mondo è una colorata e affascinante rappresentazione di catene montuose, valli e pianure che però non sono distribuite sulle terre emerse, ma sui fondali marini del nostro pianeta. Dietro a questa immagine così iconica c’è una bella storia da raccontare.
Marie Tharp (1920-2006) è stata una geologa e oceanografa americana. Dopo un’infanzia trascorsa a seguire il lavoro del padre per il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, per il quale si occupava di mappare e analizzare i suoli di varie parti della nazione, Marie si appassionò alle scienze della terra e imparò i primi rudimenti di cartografia. A causa dell’avvento della Seconda Guerra Mondiale, le richieste di petrolio e gas in USA erano molto cresciute e nei corsi di studio universitari di scienze della Terra venivano ammesse molte più donne rispetto al passato. Le discriminazioni non erano comunque poche e, quando Tharp si laureò in geologia all’Università del Michigan, apparteneva al misero 4% di donne nel totale di laureati del settore.
La carriera di Tharp decollò quando, nel 1948, si trasferì a New York per lavorare presso il Lamont Geological Observatory della Columbia University, sotto la guida dell’oceanografo Maurice Ewing. Se ancora oggi conosciamo ben poco dei fondali marini, in quegli anni questi ambienti erano pressoché sconosciuti. Per comprendere a fondo la struttura e il comportamento geologico della Terra, era però necessario conoscere anche il fondo del mare, che rappresenta circa il 70% della superficie solida del pianeta. Tharp collaborò per lunghi anni con il collega Bruce Heezen, che raccolse dati sulla profondità di buona parte dell’Oceano Atlantico nel corso di lunghi viaggi a bordo della nave RV Vema. Marie Tharp non partecipò a queste spedizioni (le donne non erano ancora ammesse) ma si dedicò a trasformare le migliaia di informazioni ottenute nelle prime dettagliate mappe dei fondali oceanici. Utilizzò anche i dati provenienti da altre spedizioni o dai terremoti sottomarini per ottenere quanti più dettagli fosse possibile. Il lavoro fu lungo e incredibilmente complesso: le mappe venivano interamente realizzate a mano da Tharp, che elaborava e convertiva tridimensionalmente le informazioni lineari fornite dagli ecoscandagli delle navi.
Al giorno d’oggi le mappe realizzate a Mano da Marie Tharp appaiono ancora sorprendenti: la finezza del tratteggio e la drammaticità di valli e montagne del fondale marino, un tempo ritenuto un ambiente piatto e anonimo, le rendono un gioiello di raffinatezza estetica e di precisione scientifica. Ma non fu solo un encomiabile lavoro manuale: ben presto, Tharp fece notare come, esattamente a metà del fondale oceanico, ci fosse una vera e propria catena montuosa fatta di vulcani attivi e spaccature nella crosta, che oggi chiamiamo comunemente “dorsale oceanica”. Per la scienziata, questa dorsale poteva essere il luogo all’origine dell’espansione degli oceani e del conseguente movimento delle placche terrestri. Poteva essere la definitiva dimostrazione della tettonica a zolle e della deriva dei continenti, propugnata dal tedesco Alfred Wegener decenni prima e mai presa in seria considerazione dalla comunità scientifica. Lo stesso Heezen, sostenitore della vecchia teoria dell’espansione della Terra, accantonò le ipotesi di Tharp come chiacchiere femminili (“girl talk”).
Tharp però non si diede per vinta e, grazie al lavoro del collega Howard Foster, che venne incaricato da Ewing di mappare gli epicentri dei terremoti che danneggiavano i cavi telefonici sottomarini, divenne chiaro che le dorsali oceaniche fossero luoghi estremamente attivi dal punto di vista geologico, con frequenti eruzioni e terremoti. Il colpo definitivo alle vecchie teorie geologiche venne dato dal celebre Jacques-Yves Cousteau che, con i suoi filmati sottomarini realizzati per dimostrare l’esatto contrario, diede alla comunità scientifica le prove tangibili dell’esistenza delle dorsali atlantiche. Così, finalmente, le teorie di Wegener divennero preponderanti tra i geologi e il lavoro di Tharp raggiunse le luci della ribalta.
Con gli anni, altre ricerche sui fondali oceanici dell’intero globo consentirono di avere una loro mappatura completa. Nel 1977, grazie agli studi di Marie Tharp e di altri ricercatori dopo di lei, l’artista austriaco Heinrich Berann realizzò una delle più celebri e iconiche mappe del nostro pianeta, con la morfologia dei continenti appena accennata e anonima, se paragonata con la drammatica asprezza dei fondali oceanici. Questa mappa ci ricorda la storia di uno dei più grandi cambiamenti di paradigma nella storia delle scienze, e di una scienziata che, nonostante discriminazioni e scarso interesse da parte di colleghi e comunità scientifica, è diventata colei che ha finalmente dato un volto a due terzi del nostro pianeta.
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