Quando si tratta di riportare alla luce frammenti di vita passata, scomparsi da milioni di anni o semplicemente rimasti nascosti all’occhio umano, la competenza e la dedizione possono essere di grande aiuto, ma devono essere affiancati dal destino: occorre, indubbiamente, trovarsi nel posto giusto al momento giusto. E questo fu sicuramente il caso di Marjorie Courtenay Latimer, classe 1907, che fu in grado di riscoprire un animale ritenuto estinto da decine di milioni di anni. Curatrice del museo di Storia Naturale di East London in Sudafrica, la scienziata dimostrò da giovanissima un’enorme competenza sulla natura del paese australe, al punto che a soli 24 anni, e senza studi formali nel campo, convinse i responsabili dell’istituzione a offrirle tale posizione.
La giovane Courtenay Latimer dimostrò da subito entusiasmo nella gestione delle esposizioni del museo. Utilizzò vari metodi utilizzati per procurare nuovi reperti al museo. In particolare, rimase costantemente in contatto con i pescatori della baia locale, per essere informata se qualche creatura marina particolarmente interessante fosse rimasta intrappolata nelle reti. E in questo modo il 22 dicembre del 1938, visitando il ponte di una di quelle imbarcazioni, la scienziata fece la scoperta della vita. Il peschereccio guidato dal capitano Hendrick Goosen aveva girovagato intorno alla foce del fiume Chalumna, e aveva riportato a bordo una interessante varietà di pesci locali. Il pescatore aveva telefonato alla giovane scienziata che aveva preso un taxi e si era affrettata a raggiungere il molo. Di primo acchito, Latimer non notò reperti particolarmente interessanti e fu sul punto di allontanarsi ma, ad un certo punto, le cadde l’occhio su un particolare: una pinna, di un bel blu acceso e dalla forma stranissima, che emergeva in mezzo a una montagnola di pesci visti mille altre volte. Riportato alla luce l’animale, la scienziata rimase folgorata. Era il pesce più bello che avesse mai visto: grande, dal colore vivace e con quattro pinne che assomigliavano più agli arti di un animale terrestre che alle normali pinne di un pesce. Non aveva mai visto niente di simile. Era certa che si trattasse di un ritrovamento particolarmente prezioso.
Latimer prese il pesce con sé e, dopo non poche discussioni con un tassista restio a portare quell’ingombrante animale sul proprio mezzo, arrivò al museo. Non c’era nessuna specie, in tutti i testi di ittiologia dell’istituzione, che permettesse di identificare l’animale. Il direttore del museo, con una certa sufficienza, minimizzò la scoperta della scienziata e identificò l’esemplare come un “rock cod” (Lotella rhacina), pesce piuttosto comune in quelle acque. Ma la giovane curatrice non si diede per vinta e decise di continuare a indagare. Cercò di far congelare il pesce, ma sia una azienda locale di refrigerazione sia l’obitorio (!) si rifiutarono di conservare l’esemplare. Alla fine, Latimer si dovette rassegnare a farlo imbalsamare da un tassidermista. Nel frattempo, scrisse una lettera a James Leonard Brierley Smith, un professore di chimica e grande esperto di pesci sudafricani, che però era lontano, in vacanza nella sua casa al mare. Nella lettera, Latimer scrisse una minuziosa descrizione del pesce e aggiunse un disegno piuttosto approssimativo dell’esemplare. La risposta via telegrafo del professore arrivò il 3 gennaio, e di lì a breve sarebbe passata alla storia: “ESTREMAMENTE IMPORTANTE CONSERVARE SCHELETRO E BRANCHIE = PESCE IDENTIFICATO”.
Purtroppo le indicazioni del professore non poterono essere seguite alla lettera, dato che il pesce era stato imbalsamato, ma quando finalmente lo scienziato riuscì a osservare l’esemplare di persona non ci furono dubbi: era indubbiamente un celacanto, un tipo di pesce ritenuto estinto da 65 milioni di anni. Alla specie venne attribuito il nome scientifico Latimeria chalumnae, in onore della scopritrice e dell’area geografica in cui venne per la prima volta ritrovato vivo, il fiume Chalumna. Sia Latimer sia il pesce divennero autentiche celebrità e apparvero sui giornali di mezzo mondo. Il primo giorno in cui l’esemplare venne mostrato al pubblico si presentarono all’esposizione circa 20.000 persone. Di lì a breve venne offerta una forte ricompensa per i pescatori che avessero portato agli scienziati altri esemplari di celacanto, ma sarebbero comunque passati molti anni prima di un secondo ritrovamento, che avvenne solo nel 1952.
Marjorie Courtenay Latimer, nonostante l’inaspettata notorietà ottenuta con questa scoperta, continuò con passione la sua carriera di curatrice fino alla pensione. Morì nel 2004, a 97 anni. Da allora sono stati ritrovati altri esemplari di celacanto ed è stata identificata la nuova specie Latimeria menadoensis, il celacanto indonesiano, che ha affiancato l’originale, oggi chiamato celacanto delle Comore. Entrambe le specie sono estremamente elusive date le grandi profondità a cui vivono e sono considerate a rischio di estinzione. Il ritrovamento del celacanto da parte della scienziata è stato definito “la più importante scoperta zoologica del XX secolo”, ancora oggi un’affermazione molto difficile da contestare.
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